Sono file d’anime in vigilia coniugate accanto all’uva, un fremito d’api al succo maturo che indugia e sussulta nel cuore allagato Così prossimi noi a quel nome, il più dolce dell’anno, nella cala nascosta dei secchi pronti all'aurora, affondiamo, con lo spasmo sublime dei piedi, nel piccolo foro del chicco, ebbri cerchi di luce, le nostre dita d’oro i loro re -nella ghianda lucente c’è movimento un movimento caldo, l'inizio di una forma riconduce lo splendore nella cripta, il succo del sublime, di quando eri con me soltanto una coscienza, un vento vivo e forte nel faggeto, un terzo cielo confuso per natura- Con l’ultimo sapore del sole nell'ultima riserva di respiro faremo vendemmia con l'anima nel denso del vino ora posano le luci, sull’acqua, sull’altare dei pesci lucenti e tra le viti sale una festa dai nostri volti, dove rinasce la grazia, di un'antica bellezza.
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Alessandra Ponticelli Conti
- 06/10/2014 17:06:00
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Una meravigliosa sinfonia... Ciao, Amina!
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Antonio Ciavolino
- 06/10/2014 14:44:00
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Nel calice del rosso, fermenta l’onniscienza: là dove il fuoco della coscienza consuma fino all’esaurimento e la stessa fiamma arde le forme fervide di questo mondo, al quale in fondo ci prostriamo tutti, e chi non è nessuno.
"Queste parole le abbiamo ereditate, dal sangue salvato, i giuramenti mantenuti. Noi bruciamo incenso e ospitiamo, come quelli prima di noi."
Sovente, il mosto forte del suo aroma, inebria il giorno. (La cosmogonia del sole aggiunge ulteriore significato al sacrificio conciliante del fermento). Una promessa di fede:
poi, dopo sette notti, un re di qualche seme volle scrutare il volto del mistero, e fu travolto.
Su un letto di foglie, unto da lacrime di mirra, mi svelo ebbro di mio. E brindo, uh!
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Giorgio Mancinelli
- 06/10/2014 08:00:00
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Nella metafora della vigna c’è un che di evangelico che ancora chiede di non sperperare i doni: l’uva, la raccolta, il lavoro, il vino di quest’autunno della vita che tutti ci coglie in un’unico abbraccio di fraterno amore. Che non è il risvegliarsi di una primavera in ritardo, bensì la maturità della ’coscienza’. Un brivido, se vogliamo, che sale lungo il crinale a conferma del nostro salire o sprofondare nel baratro dell’inesistenza. La bellezza della poesia cui propendiamo varrà la salvezza che ci siamo preposti. Una stagione breve che pure porta in sé le brume e i colori soffusi, che pure chiedono al tempo un ultimo afflato prima che tutto muti in sfocata assenza.
Grazie, molto significante.
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Piergiorgio Troilo
- 05/10/2014 21:57:00
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uno sconfinato luogo musicale questa tua poesia da lasciar decantare in calici di cristallo per assaporarne anche il suono, il melodioso accostamento delle immagini… nell’acino che muore tra le dita d’oro e rigermina colmo delle acute fragranze del vino, sento un che di rinascita, un vivo affetto per le cose attese al loro divenire, rivelate nelle loro lente trasmutazioni
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Lorenzo Mullon
- 05/10/2014 21:32:00
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sopra l’ottagono della Salute a Venezia al centro dalla cupola emisferica viene giù una ghianda lucente dove ascolti un brusio di api cariche di lampi e polline d’ambra viva
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