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al testo di Amina Narimi
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Tende verso il cielo e si ritrae come un fiore viola al temporale sbandato sotto il peso delle bestie poi s'inchina profumando lentamente un'ombra consacrata sopra i polsi circondando la mia gola di scintille levate verso l'alto dei tre pini. E' un rito tra la nebbia che mi ferma ancora calda nel vapore del mattino che ingrandisce la solitudine dei pini come davanti a troppa lontananza restituendo il grigio una tempesta. Ti ho sognato che sognavi di esser pieno di bambini sui tuoi fianchi nella nebbia sei venuto con un canto, un ederlezi tra le gambe volteggiavi sulla cima per scoprire nelle mani cristalline l'addio del celibato al primo sole. La goccia primitiva che ti bagna la bellezza nel lavoro del mattino scoprendoti le forme dell'origine si dispone a far risplendere sui piedi il nudo che celavi come un frutto tutto s'innalza e tutto si riapre respirando i loro corpi nuove lingue. Appena giunte all'orlo già scomparse mi discendono due lacrime col vento, a corona del silenzio sopra il verde il pianoro, un grembo arcuato dentro gli occhi, le sue vene dei giovani sentieri dischiusi con dolcezza nella nebbia e - dal silenzio a te-... mi ascolto dire a passi lenti la discesa appena giorno appena snebbia la visione un'altra volta il bagliore nella mano mi risponde con la spietata tenerezza della luce: il vento e i sogni non si possono fermare. Piego e annodo dentro i pugni questo grido le mie impronte con l'argilla del dolore nodo e dono che conosco per legare all'origine del viaggio il nostro seme. ![]() |
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