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al testo di Amina Narimi
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“Ogni sforzo aggiunge un poco d’oro a quel tesoro che nulla al mondo potrà carpire.” Simone Weil
Vieni prima degli occhi. Questo lo sai. È la domanda di bene che ogni bambino rivolge nella fiducia. Guarda tu ora, e noli me tangere. Io debbo proteggere il vuoto mai posseduto. Ti benedico perché non hai trasformato le pietre nel pane che mangi ogni giorno. Sulla tua trama nera è un ricamo quel rosso che appare come fosse un esercizio, una veglia alle energie più sottili. Obbedisco, rimanendo in ascolto- mentre il fiume copre il suono delle tua voce- Obbedisco, con l’alito che so delle bestie quando si sporgono nel tepore della paura.
Tu avanzi fino a toccare tutto quello che ci rimane. Io sono insieme- ripeto- tra le cose in movimento, lo scintillio della prima risata, la mano che diceva il miracolo, sul fuso della tue dita, la grazia- i nomi della luce sono qui nel più sacro recinto illimitato dov’è il sortilegio che chiama, seppur sfiorando il nulla, nell’instancabile enigma dell’eternità.
Un’iscrizione ricavata dall’albero, al fianco, coltiva l’inverno della tua lingua vegliando i semi la folata di vento. Rinasce la voce. Sei innegabile nel sì finale alla passione che mi aspetta, il lungo affondamento nel mio vuoto, fino a sostituirlo con un principio luminoso.
Non saprai che ci sono ad amarti come l’inizio del mondo, il silenzio che circonda le parole è lo stesso che precede l’azione e si spegne nel possessivo profondo del “ mio adesso”. Viene il mese crudele di Eliot con ogni briciola di bene che è stata raccolta nell’onestà della voce. Nuda, vulnerabile ripeto il gesto di offerta : “io sono insieme”- e, ciò che più conta, la tomba è vuota.
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