La pura attenzione a un lamento infantile li aveva condotti sul verde del fiume, con le dita leggere di una preghiera rivolte al più caldo silenzio del greto. Come fossero in piccole orazioni,
le ferite, sprofondate nella luce, più e più volte in estasi ridevano, e correvano, drammatiche e festose, correvano e ridevano le gambe, avanzando di ritorno alle radici, col voto di non cogliere mai fiori nel cavo delle mani capovolte. Un canale di biancore percepito nella sua immisurabile portata fu il sì assoluto all’ultimo dei viaggi, congiungendo i loro palmi al solo centro di una lingua imparata da bambini; e tenne fede a una consegna di silenzio la più straziante di tutte di tutte le scintille, appena pochi lembi di visione- non so dire quanto fosse piccola- al principio della vita poi scomparve.

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Lig E. Norant
- 09/06/2016 08:29:00
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Se volessimo entrarvi con l’uso mero di ragione, la poesia, custodita dal silenzio mistico degli oranti, ci rimarrebbe inaccessibile, occorre allora un’altra chiave o un’ulteriore chiave, la chiave di un un cuore ubbidiente, recuperando alla parola il significato di ascolto. Tutto della lingua poetica di Amina, in questi versi più che in altri, ci parla di un profondo ascolto, un ascolto composito, mai unidimensionale. Vi troviamo gli echi di Amina bambina nel paesaggio naturale dei luoghi di un’autobiografia formativa di quel substrato fondante la trama di un vissuto, quale è l’età infantile; vi troviamo certamente gli anni "anarchici" dell’adolescenza" che permettono la visione del dolore come categoria immanente alla condizione umana; infine troviamo l’età poetica, che imparata la lingua degli angeli, può profetare sul dolore di ogni tempo, recuperando sia l’età pura dell’innocenza, sia la trasfigurazione della piaghe dolorose, che diverranno così fiori di raggi di luce dello Spirito. Una poesia profondamente religiosa, intessuta dell’attitudine alla preghiera universale propria all’anima dell’uomo, con quelle dita leggere di preghiera che scrivono poesie così sublimi.
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