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al testo di Amina Narimi
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... a Mammet
Ai suoi piedi nascono fiori con l’intensità di un primo amore, la luce del fuoco. Come un’acqua limpida, la mano del calore, cola sulle mie spalle brillanti di cenere.
Una figura potente, come il sole vuole sbucare fuori dal ventre della montagna e uscendo dalla bocca si posa inaspettata sulla lingua, forte, urgente. Con il grido di una pianta strappata dalla terra
qualcosa viene ad aggiungersi alla sua luce qualcosa dentro la pelle che fuori ha il suono dei figli del crepuscolo, della vita qualcosa che non si può paragonare a niente di vissuto- una forma di tempo, una durata. Ma non era tempo, non era durata. Aria era aria che trasudava gocce somiglianti alle loro forme madri dal calore la forma dalla forma il movimento dal movimento i colori, dai colori il sapore e insieme odore. Odore.
Ho accolto la neonata, l’auriga che ogni notte si rinnova dalle acque notturne in cui è rimasta assopita, che nell’ultima ora ha lottato, con amore. Nel singolare arrestarsi di ogni movimento
ha fatto nuovo qualcosa di antichissimo partorendo ciò che è vecchio.- Una volta era già in alto, io credo, non c’è parte che non ritorni nell’anello sempre più in fondo. E da ultimo saremo nel punto più basso- dicevi- del nostro fiume poi lago e ancora mare, luogo di morte luminosa, finché l’acqua non si sollevi in cielo come vapore, per ricadere in pioggia...
“ Lo spirito e la sposa dicono: Vieni. E chi ode, dica vieni. Chi ha sete, venga Chi vuole, prenda in dono l’acqua della vita “
Versando seme vivo fra le ombre azzurre, meridiane dei morti, si è accostata, mammet, con un lieve ronzio simile a quello prodotto dalle ali dello scarabeo.
Il canto delle ali dorate mi ha permesso di riconoscerla. In quell’istante si è posata come una egretta sacra sul mare un guscio sono divenuta. Un giorno due giorni molti giorni cinque anni. Oggi
la luce del giorno illumina l’ombra del sole, l'Elba, che abitava sotto l’albero dell’acqua- Non la comprendevo, ma sapevo di Lei che cresceva.- Non è accaduto nulla, dici, e tuttavia si è prodotto un soave ed ineffabile mistero: io sono uscita dal cerchio che ruota toccando il tuo fiore alla sommità dell’albero le ali, che tornavano. Verso la sua stella
siamo uccelli d’oro sul ramo delle luci, utero della chioma fiorita, silenzio delle sue profonde radici. |
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