Quando il mio vuoto cristallino accoglierà la tua lucente propensione saremo ancora maschio e femmina. Soltanto le lingue azzurre nelle bocche che si baciano, fra la pioggia di saliva più celeste, faranno insieme di ogni coppia un angelo, del vapore un fiume di portata- staccando in fondo ai reni una valanga trasportata dal torrente del magenta nelle falde più profonde per sgorgare al centro esatto dell’orecchio, immacolato avremo il sole nella testa, e il nostro anello, conservato al dito come in un ciborio, allatterà l’immagine e il suo angelo, la sigizia benedetta che è in amore.
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Gil
- 07/12/2017 21:04:00
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Possiamo dirlo: quel vuoto cristallino è il ventre di una donna che si precede nella madre, nell’atto primigenio di maschio e femmina - qui la Poetessa si fa eco di Eva agli albori della coppia - e la propensione è la veglia che precede il loro incontro di "lingue azzurre/nelle bocche che si baciano" e la "saliva più celeste" fa del "Noi" un angelo. Ora, ciò che a mio avviso è il capolavoro di quest’opera della Narimì, lo ritroviamo nello sguardo trattenuto, nella parola taciuta, in ciò che l’Autrice non mostra ma rivela: non fermiamoci delle bocche alla saliva, ma cogliamone lo scambio degli aliti vitali, quel soffiarsi reciproco durante l’atto che unisce le bocche - le fonti del discorso, la cassa di risonanza della parola -, ma un alito che in vapora abbonda in "fiume di portata" - l’abbondanza della grazia dell’amore adamitico - che trasforma la gravità della saliva nella leggerezza dell’aria convocata all’ascesa celeste. Allora se la premessa è la Visione, diremmo Dio in termini di fede, la carne eccitata nell’amore erotico può anche "slavinare" dal fondo delle reni, lasciarsi trasportare dal colore della passione naturale, perché comunque, vista la radice, il suono che ne emerge non macula l’orecchio e conduce i due della coppia a quell’anello custodito come un pane sacro e perciò prezioso, che nutrirà come un "latte ritrovato" il maschio e la femmina che sono in loro in quanto uno-Noi. Ancora una volta la grande Amina Narimi, con una bocca resa sacra da un fuoco d’iniziati, ci conduce a vedere oltre ciò che non è (ancora) visibile.
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