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al testo di Amina Narimi
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La mia maestra è un’albera e il suo nido un pane che lievita un fuoco nell’aria. È una fontana di luci sottili con la pelle secca e i nodi alle mani piene di strigoli raccolti al gran posto, il più segreto del boscovecchio. È un fazzoletto, la mia maestra, con un elicriso appena accennato- che risalendo per gli alberi canta al ramo potato di un nuovo fiore; ma quando s’inchina davanti alle fragole allarga il silenzio con piccoli gesti fino a sentire il loro respiro. La mia maestra nel viso è un bambino, che chiede alla mostra di un Caravaggio per farne dono all’unica figlia- e te lo dice con le ossa cave schermendosi dietro alla brezza sottile che ha solo un sorriso quando magenta. La mia maestra ha due gocce azzurre prima degli occhi, e come un miracolo sono discese dai pettazzurri, con le mani di rondine, sopra il capanno. ![]() |
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