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Scrivi un commento al testo di Angelo NGE Colella
Il cane, le arance

Stamattina gli operai, arrivati a casa di mattina presto, quindici o anche venti minuti prima delle otto, mi hanno visto uscire dal giardino portando con me cinque arance, tre in una mano e due nell'altra. Avevo lasciato il portone aperto per loro perché fossero più comodi ad entrare e perché non svegliassero, citofonando, il cane che si sarebbe messo ad abbaiare furiosamente per essere stato scaraventato fuori dai sogni che probabilmente sognava sul morbido cuscino dalla federa blu imbottito di spugna morbida e lana che gli avevo preparato perché trascorresse l'inverno dal freddo che sembrava venire dallo stesso cemento del pavimento del garage, dove l'avevo abituato a venire a ripararsi quando, al sopraggiungere della sua brutta vecchiaia, la cuccia di mattoni che mio padre gli aveva costruito con solerzia e soddisfazione era diventata un alloggio inadeguato a sopportare il freddo umido e gelido dell'inverno e il caldo senz'aria dell'estate, e che comunque aveva preso ad abbaiare pieno di astio non appena aveva sentito avvicinarsi le voci evidentemente non familiari, che non corrispondevano a nessuna delle due o tre che sentiva quotidianamente da anni, e soprattutto i passi, che rapidamente aveva calcolato non corrispondere alle solite due o tre voci che tutti i giorni sapeva captare e catalogare, e che mal tollerava quando ve ne si aggiungevano altre. Vedendomi ritornare dal giardino, il cane è rimasto in silenzio per un attimo in cui ho potuto riconoscere una confusione tutta umana di fronte alla scena, per certi versi speculare, di me che non facevo parte del gruppo di operai arrivati coi loro attrezzi da lavoro, portandoli a spalla o in vecchie cassette di ferro arrugginito le cui chiusura non combaciano più ai bordi perchè il coperchio è deformato oppure lo sono i cardini che gli permettono di ruotare, o in cassette nuove di plastica dai colori ancora lucenti che non trasmettono lo stesso senso di affidabilità dei cacciaviti o dei martelli già usati per anni se non per generazioni perché fanno pensare all'hobbistica più che al lavoro, o ancora in mano o con entrambe le mani, mentre io, che venendo dal giardino li avevo davanti a me ed ero dunque informato dalla loro presenza e non ne ero allarmato, e perciò il cane malvolentieri si vedeva dispensato dal suo servizio di guardiania, che comunque non avrebbe mai svolto a regola d'arte per la taglia insufficiente ma soprattutto manchevole di nervi saldi, portavo delle arance di cui un paio mi sarebbero servite per il succo da bere per la mia colazione e le restanti le avrei invece sistemate nel cesto in cucina insieme alle altre, e la giornata era già cominciato per tutti anche se il giorno iniziava appena.

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