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al testo di Bianca Mannu
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Di scivolare le accadde - dal ciglio aperto incauta al giorno … di scivolare ruzzando come per gioco dal riso della melagrana nel cosmo cifrato dell’Altro E ivi - sorbita in un sonno di gemma l’ebbrezza dei cembali – svegliarsi alterata in ignoto mattino
Così la già imberbe da sempre con intento di ladra fidente il suo ingresso pagava fingendosi mutila nel munito universo del demiurgo sovrano creduto di genio celeste
Là su coste e bastioni erano rune dorate e trionfi di roccia ad annuire alla ratio di barbe rituali e di verghe brandite a secondare il sapere assestato sull’orma negata dell’antico sciamano Con sibili d’erbe e fole di vento il volere regale del Padre era sceso nei generanti e per bocca di madri s’alzava dall’ancestrale segreto per sempre sui nati: doversi il calore attenuare del sole dentro l’oikia di fango e farsi dell’ombra accorta estensione sulla pupilla allungata a bagnar di domande - femminea! - le cose vietate
Dalle stanze opache dell’Orco ai propilei ariosi d’Olimpo alitando col passo il suo peplo discende alla schietta loquela di carde e telai per ordire come schiava come Pitia e padrona Col dorso nel vento sul lido di calce nei guazzi alla roggia ancora amministra con ruvide essenze il candeggio: perché tutta sia liscia sia dolce sia buona sia vera per l‘uomo sul talamo la solita sera
Issato/abissato il sole più di quanti astri si struggano nei cieli impunemente - di te poche ha cincischiato postille la sua illetterata cadenza come per ignobile erba e di tuoi frutti plebei in quanto “semi imperfetti” nemmeno ha tenuto conteggio
Dal pugno sublime del Padre il Tempo declina/dipana - fu detto e non si desiste Al Padre ancora s’avvolge e rivolge squisiti alfabeti - come da specchio interposto a figura che divino decreto esige si pavoneggi … E forse un’ombra soltanto accenna di te - se fosti al dio cara se col lutto affliggesti il tuo re se d’empietà moristi pentita o se propiziasti immolata alla tua pugnace genia l’universo trionfo della sua liturgia |
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