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Quel fazzoletto bianco

Era rimasto lì, impigliato nel ramo di quell’ultimo albero raffermo nell’altura. Le foglie viranti nel loro colore autunnale ponevano una fine al ciclo di vita, ruotando nella loro sottile delicatezza, un volo portante il loro adagio, verso una terra natia. Quel fazzoletto bianco avvolto in quel ramo spoglio, mutava le sue movenze, plasmandosi nel soffio cadenzato e lieve, di un venticello di inizio novembre.

Paolo aveva lasciato quell’uscio nelle prime ore dell’alba, il buio copriva l’immagine di quel viale silenzioso e delle gocce di brina, colte nel velo bagnato del percorso da una lucentezza riflessa dall’ancor presente spicchio di luna. Le impronte incalzanti e immortalate di quell’avanzare, calpestavano il percorso inatteso, imprimendo nella loro pesantezza, solidi calchi di calore mordente su passaggi diretti ad un ritrovarsi soli.

Aveva lasciato tutto alle spalle, il passato non aveva più importanza e quel passo deciso poneva una fine da dimenticare su quel trascorso che se pur solare, aveva portato lacrime inattese e sferzanti. Così in quel buio impietoso, calava quel velo e dirigeva i suoi passi verso un ritorno in quella terra natia che volgeva in un abbraccio le sue ultime forze calate.

Paolo non aveva mai dimenticato il suo paese adottivo ma soprattutto le sue passate conoscenze. Tempo adietro aveva lasciato con la stessa valigia colma di dolori quella mano fraterna e si era diretto verso una vita costruita e promessa dalla sua famiglia. Era da tempo che era stato deciso tutto, il matrimonio oramai era alle porte e lui doveva seguire quel percorso per rispetto familiare, cultura tramandata da generazioni ma soprattutto per lasciare ai genitori un ricordo di rispetto negli ultimi momenti di quella vita frastornata da quella malattia oramai incalzante.

Fu così che in quegli anni nel pieno degli arbori della gioventù, tornato in quelle alture, ricoprì il volere stabilito e nonostante la sua contraria volontà d’animo, ricreò quella tranquilla riunione familiare ponendo vita ad un pensato nuovo inizio. Sembrava procedere nella felicità della comunità familiare ma non del destino che aveva in serbo voleri più alti e combattuti. Quella famiglia unita era in realtà una forzatura degli eventi che ponevano un freno a quella felicità che tutti avevano pensato. Una moglie così giovane di una bellezza anche troppo ostentata, prosperosa per i gusti di Paolo, aveva mancanze per lui essenziali ma che nessuno aveva mai ascoltato. Paolo nella sua semplicità amava la tranquillità, la cultura e scambi di opinione, passava le sue giornate nella semplicità delle faccende domestiche e del giardinaggio. Le sue emozioni trovavano spensieratezza e allegria nelle passeggiate in riva al mare o nell’osservazione di tramonti e cieli stellati.

La mancanza di conoscenza della moglie aveva sconvolto abitudini e orari. Si rese conto in breve tempo che le differenze caratteriali erano enormi e che alla bellezza sorprendente della moglie, non bastavano la sua sola presenza e le sue tranquille abitudini. Un biglietto poggiato in quella credenza all’entrata di casa non poteva alleviare i suoi pensieri, non poteva giustificare nessuna decisione. Continuava a ripetersi come fosse possibile lasciare tutto ad un biglietto, allontanarsi senza parlare, voltare le spalle senza il rispetto di un noi.

Il silenzio calpestato nel rumore di un’assenza, poneva una chiusura che scorreva in quel viale e nel suo procedere solitario con un passato colto in quel fazzoletto bianco oramai alle spalle di quell’albero abbandonato oramai spoglio.

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