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17 marzo festa una tantum per l���unit�� d���Italia

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È cosa ufficiale: il prossimo 17 marzo sarà festa nazionale: si festeggia l’Unità d’Italia. Ma è talmente bislacca questa unione che c’è vergogna nel festeggiarla ogni anno e così s’è scelto un italico compromesso: sarà solo per quest’anno lasciando però la porta aperta a festeggiamenti cinquantennali. Così in un futuro non proprio prossimo, il 17 marzo, sarà festa nazionale nel 2061, 2111, 2161, 2211…..

Meglio sarebbe stato non festeggiare affatto quella che fu una vera e propria invasione di uno stato sovrano, sul modello di quella subita dal Kuwait da parte di Saddam Hussein. Fosse successo oggi, avremmo avuto l’intera comunità mondiale contro.

Ma le cose stanno cambiando. La cosa è palpabile. Si avverte. Quelle che erano le certezze di pochi, stanno diventando i dubbi di molti. Il mito di Garibaldi traballa, la guerra di liberazione del Sud oggi è vista come una guerra di “convenienza” del Regno Sabaudo e del Regno Unito contro chi minacciava la supremazia commerciale dell’una e contro chi rappresentava la salvezza economica per l’altra.
Eppure sarebbero bastate poche visure presso gli organi competenti per capire la verità.

Il fitto scambio di lettere tra Londra e Torino - dove si parla apertamente della minaccia che il Reame rappresentava per i sudditi di Sua Maestà la Regina Vittoria e della grossa riserva aurifera conservata nei forzieri del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia - da sole ci dicono la verità. (a meno che anche quelle non siano opera di dossieraggio ordito da Berlusconi! Ma Berlusconi all’epoca dei fatti non c’era! Zitto cretino, Berlusconi c’entra sempre).

Sarebbe bastato leggere la sentenza depositata presso il Tribunale di Montevideo dove si acclara che Garibaldi Josph Marie – il nome presso il Municipio di Nizza è così registrato - è condannato alla pena prevista per abigeato. E la pena prevista era il mozzare un orecchio.
Sarebbe anche bastato leggere la velina della lettera che la Capitaneria di porto di Shangahi consegnò brevi manu al nostro eroe del cazzo, dove gli si intimava di non attraccare più a Shanghai col suo carico di povera gente di colore che rivendeva come schiavi.
1.
Sarebbe bastata una sola di queste cose per archiviare la “pratica Garibadi” con un timbro: DELINQUENTE.

Ecco allora la mia proposta - che invierò al Comitato per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia, nella figura del suo Presidente, On. Giulano Amato:

buttiamo alle ortiche sto cavolo 17 marzo – di date della vergogna basta e avanza l’8 settembre – e per ricordare:

- l’oltre un milione di meridionali massacrati nei lager dei Savoia;
- i morti dell’eccidio di Bronte dove il criminale di guerra - lo psicopatico Nino Bixio – massacrò anche donne e bambini;
- i morti dell’eccidio di Gaeta dove le navi dei “liberatori” cannoneggiarono la città con 160.000 bordate – sissignori: proprio 160.000 – causando oltre 6.000 morti tra la popolazione civile;
- i 400 ragazzi di età compresa tra i 14 e 18 anni massacrati a colpi di baionetta - per risparmiare munizioni - si vantò il comandante quel plotone di macellai;
- i morti della strage di Biancavilla dove 80 ”eroici” garibaldini massacrano donne e bambini perché non trovarono gli adulti che s’erano organizzati nei boschi i gruppi partigiani;
- i 36 morti della strage di Girgenti;
- i morti dell’eccidio di Castellammare;
- i morti di Messina. Erano operatori sanitari che si rifiutarono di non soccorrere alcuni rivoltosi feriti e per questo giustiziati;
- i morti dell’eccidio di Licata: donne e bambini rinchiusi nella locale prigione e “finiti” a frustate perché si rifiutarono di rivelare il luogo dove i resistenti avevano messo il quartiere generale;
- i morti dell’eccidio di Petralia dove una intera famiglia fu bruciata viva;
- per il “muto di Reggio di Calabria” ucciso perché non poteva parlare e non sapeva scrivere per dire dove erano i rivoltosi;
- i morti la rivolta di Palermo del 1866:
- per i morti delle rivolte di Bagheria, Misilmeri, Piana dei Greci, Parco, Portella della Paglia, Boccadifalco, Villabate, Torretta, Montelepre, Lercara Friddi, Castellaccia, Santa Flavia, Marineo, Recalbuto, Aragona, Termini Imerese, San Martino delle Scale, Corleone, Prizzi;
- i morti bruciati di Vena Martello, San Vito, Pagese, San Martino, Paranesi;
- i 673 contadini teramani massacrati senza motivo alcuno;
- i 160 morti della strage di Gioia del Colle;
- gli oltre 300 morti della strage di Vieste;
- i 59 morti nel massacro di Montecillone;
- i 45 morti di Auletta;
- i 48 di Pietralcina;
- i 31 fucilati a Padula;
- i 232 fucilati a Nola;
- i 140 morti a Scurgola;
- i 47 fucilati a Casamari – è una Abazia -
- i 150 fucilati a Montefalcione;
- i 1.300 massacrati da Cialdini a Pontelandolfo;
- gli oltre 400 di Casalduini.

E mi fermo qui per carità cristiana. L’elenco è di oltre 200 stragi.

A Tagliacozzo, l’8 dicembre 1861i Piemontesi fucilano il Generale Josè Boges, venuto dalla Spagna, per sostenere la causa del Reame. La cosa è di una gravità assoluta perché un esercito regolare che cattura un generale nemico, non lo fucila appunto per il grado che riveste, ma lo consegna al Comando generale. Regola rispettata da sempre. Solo le bande armate commettono crimini simili. Ma chi non ha nobiltà d’animo non ha manco l’onore. E chi non ha onore è solo un criminale. I Savoia questo sono stati.

L’8 dicembre indica anche un segno di svolta: la presa di coscienza che qualcosa non andava nel racconto – a più voci – che ci avevano fatto del Risorgimento. Le persone cominciarono a documentarsi e a capire.

L’8 dicembre 1966, nel posto dove fu giustiziato il Generale Borges, fu messa una targa commemorativa dove si leggeva: " In questo remoto casolare l'8 dicembre 1861 al comando di Enrico Franchini soldati italiani e guardie nazionali di Sante Marie fidenti nell' unità d' Italia prodemente debellavano ardita banda mercenaria che capeggiata da Josè Borges mirava a restaurare il
vecchio defenestrato nefasto regime borbonico”.

Nel 2003 la targa fu cambiata per un' altra che dice "In questo remoto casolare l'8 dicembre 1861 si infranse l' illusione del Gen. Josè Borges e dei suoi compagni di restituire a Francesco II il Regno delle Due Sicilie. Catturati da soldati italiani e guardie nazionali de Sante Marie al comando di Enrico Franchini furono fucilati lo stesso giorno a Tagliacozzo. Riposino in Pace"

Aprite gli occhi!


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