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Che io non sappia riconoscere la tua gravità, tu la mia e amputiamo le parole del loro oro, ci abbandoniamo alla memoria dell'innocenza e dell'ingenuità, incise nella carne con gli anni dell'allegrezza e con i giorni del pianto, ignari dei segreti nel colore delle urine. Oggi premono le nostre vesciche come un tempo premevano i genitali al sole la loro fame di vita, oscena protesta che non perdonava alle anime la ricerca di un'altra nuova luce, perché l'attimo prima del buio precipitava sulla carne un silenzio che tratteneva l'urlo del piacere alllo scandalo della perduta felicità.
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Gil
- 18/05/2023 08:05:00
[ leggi altri commenti di Gil » ]
Ti ringrazio di cuore, Laura.
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Laura Turra
- 17/05/2023 07:06:00
[ leggi altri commenti di Laura Turra » ]
Torna sempre, Gil, la tua poesia profondamente umana. L’originalità del tuo scrivere è in questo essere radicato nella vita. Il tuo pensiero ci riguarda come uomini. Ci parli delle nostre fragilità, della nostra mortalità e al tempo stesso di quell’attaccamento alla vita e al suo essere dono, spesso immeritato, ma pur sempre dato. Un abbraccio e grazie.
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