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Al centro della tempesta

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Tutto  tace

al centro dell'uragano

Eppure nessuno vuol

restare qui

davvero

Nemmeno i più scaltri

mastri d'armi sono inclini 

a cavalcare certe tigri

 

Il mio, maestro,

se ne è andato

su un cavallo di lamiere 

a metà fra due case

nel mezzo di due vite

 

Nessuno vuol restare 

qui, nessuno vuol vestirsi 

di oscurità 

E il suo nome

è appena percettibile 

 

Presto, domani,

sarà lettere buone

per vecchi giochi da tavolo 

 Jean Jacques - 05/08/2024 12:06:00 [ leggi altri commenti di Jean Jacques » ]

“Tutto tace al centro dell’uragano/Eppure nessuno vuol restare qui”, annunciano con toni perentori e già ultimativi i versi introduttivi di questa intensa e vibrante composizione, introducendoci subito ai temi e le problematiche dell’assenza, l’isolamento e la mancanza di certezze in un ambiente caotico e tumultuoso (il “centro dell’uragano”). E anche gli individui più abili e consumati (i più scaltri maestri d’armi”) sembrano rassegnati e riluttanti a confrontarsi con verità impenetrabili (“vestirsi di oscurità”) e affrontare gli azzardi e l’imprevedibilità ("cavalcare certe tigri") della condizione umana. Persino il mentore e guida spirituale dell’autrice (“il mio maestro) è fuggito da questa natura disillusa (“cavallo di lamiere”, ma la stupenda raffigurazione si presta a molteplici parametri interpretativi) e fugace dell’esistenza (“a metà fra due case/nel mezzo di due vite). E in questo vorticoso e turbolento “centro della tempesta”, i nomi stessi smarriscono la propria originaria identità, restando appena percepibili nel paesaggio emotivo del disagio e del desiderio di fuggire dalle sfide insostenibili e perpetue della precaria e insignificante quotidianità. Ed è così che, alla fine sopravviviamo, maschere di cera, comparse provvisorie, travestimenti incompiuti di “lettere buone per vecchi giochi da tavolo”.

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