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Troppa TV fa male

C’era una volta un ragazzo di nome Adriano, noto tra i suoi amici come “Tele-Adriano”. 

Non perché lavorasse in televisione, ma in quanto passava ogni singolo minuto libero davanti a uno schermo, sprofondato nel divano come se fosse stato fuso con esso.

Lui non faceva altro che guardare serie tv, programmi di cucina, telegiornali, documentari sui pinguini dell’Antartide e perfino le televendite. 

Per Adriano, il telecomando era diventato un’estensione del braccio, tanto che a volte lo usava per cambiare canale anche mentre dormiva.

Un dì, dopo una maratona di 24 ore non-stop della sua serie preferita “I Sopravvissuti del Divano”, sentì qualcosa di strano. 

Si guardò intorno, accorgendosi stranamente che, il mondo attorno, stava cambiando. 

Le persone che vedeva fuori dalla finestra erano tutte in HD, le nuvole sembravano aver aumentato la risoluzione e persino il suo gatto sembrava avere una colonna sonora drammatica, ogni volta che si muoveva.

Inizialmente, trovò la cosa fantastica. “Wow, è come vivere in un film!”, pensò. 

Ma presto, le cose presero una piega insolita e alquanto inaspettata.

Quando provò a rispondere al telefono, invece di parlare, si accorse di essere in uno spot pubblicitario, vendendo una nuova marca di cereali. 

Poi, durante un tentativo d’uscire di casa per prendere una boccata d’aria, si ritrovò imprigionato in una sit-com anni ’90, con tanto di risate registrate, ogni volta che diceva qualcosa.

Ma la cosa peggiore avvenne la mattina seguente.

Si svegliò e scoprì di non riuscire più a trovare il telecomando: era scomparso. Provò a cercare ovunque, sotto il divano, tra i cuscini, perfino nel frigorifero (perché, si sa, i telecomandi vanno sempre a finire nei posti più strani), ma niente.

Fu allora che capì: lui stesso era diventato il telecomando! Ogni volta che desiderava saltare un canale, il mondo circostante si plasmava repentinamente. 

Quando pensava a un documentario, le persone per strada cominciavano a camminare lentamente, con una voce narrante che spiegava le loro abitudini quotidiane. 

Se sceglieva di guardare un programma di preparazioni alimentari, si ritrovava con un cappello da chef in testa, mentre cucinava piatti gourmet senza nemmeno sapere come.

Disperato, cercò aiuto, ma ovunque si recasse, la gente lo trattava come un personaggio televisivo. 

I medici tentavano di vendergli farmaci miracolosi, i poliziotti gli chiedevano se voleva partecipare al loro reality show e i suoi amici lo chiamavano solo per chiedergli consigli su quale serie iniziare a seguire, ovviamente, “televisivamente” discorrendo.

Alla fine, egli decise che c’era solo una cosa da fare: spegnere la TV una volta per tutte. 

Così, con grande sforzo e impegno psico emotivo, riuscì a “pensare” di spegnere il suo stesso cervello-telecomando. All’istante, tutto tornò normale. 

Le persone erano solo persone, il gatto non aveva più la colonna sonora e, grazie al cielo, il frigo non trasmetteva più televendite.

Da quel momento in avanti, decise di limitare le sue sessioni di binge-watching e di uscire un po’ di più. 

Ogni tanto, ripensava con terrore a quella volta in cui era diventato una sorta di “dispositivo” umano. 

Qualora gli amici gli chiedessero perché non guardava più tanta televisione, lui rispondeva semplicemente: “Perché l’ultima volta mi sono ritrovato nello spot di un dentifricio e ho ancora il sorriso sbiancato per ricordarmelo!”

E così, Adriano visse felice e contento, con il telecomando ben nascosto in un cassetto e le sue avventure televisive lasciate solo sullo schermo, al quale appartenevano.

 

 

N.d.A.: Nomi e fatti sono frutto di fantasia, ogni riferimento è puramente casuale.

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