LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Dzemile Jusufi
|
|||
Sono giorni difficili per tutti e forse ora sto avendo pure un crollo emotivo. Succedono cose che non mi fanno dormire la notte, ho discussioni con persone che non conosco su temi che reputo importanti, ho fatto della mia campagna su Facebook una questione importante e la porto avanti quasi a tempo pieno. Perché? Perché sento che è mio dovere. Sento che lo devo fare assolutamente. Perché? Perché sapere ogni giorno cosa sta succedendo nel paese che io sento MIO mi angoscia profondamente. Più di ogni altra cosa mi angoscia quando scopro situazioni aberranti dove a pagare il prezzo sono state le vite delle persone. Voi mi dite “ma cosa ti importa? Sei a casa, sei al sicuro !” E’ vero, io sono a casa al sicuro, ma quello che sento non l’ho mai sentito prima, non lo so nemmeno spiegare. Quando un minino di buon senso avrebbe potuto salvare la vita di tante persone io non mi sento al sicuro. Sento rabbia, non riesco ad accettare questa realtà. Voi mi dite “devi lasciare correre, ti fai prendere troppo”, è vero mi faccio prendere troppo, ma questa realtà ci ha travolto e mi sento come se ogni singola morte sia passata anche sopra di me, perché? Perché il nostro comportamento può costare veramente la vita a qualcuno, senza sapere come o dove o quando. Da un lato questo mi porta a sentire profondamente vicino quello che succede, dall’altro mi porta a voler condividere un senso di vera responsabilità e coscienza. E quando scopro di un cittadino, di un politico o di un medico che ha sbagliato nel buon senso, sento come se avessi sbagliato anche io e piango, perché l’errore è alla portata di tutti e ognuno di noi deve essere vigile e presente, perché l’errore di ognuno di noi, su qualsiasi scala, può costare la vita a qualcuno. E concludo, ribadendo che dobbiamo smettere di semplificare con “stiamo a casa”, è tutto molto più complicato, che ci piaccia o meno. Prima ce ne rendiamo conto e più vite salveremo. |
|