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al testo di Ferdinando Giordano
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Gil è come una ruberia di frutti. L’impulso irrefrenabile di addentare la carne ocra e bruna fino al nocciolo, prende dalla bocca dello stomaco le labbra. Un padre ha già divorato il figlio, dicono. Io non ci credo, ho risposto loro. L’ho piantato più volte, ma ancora ancora sempre è cresciuto. Mutante per la marea di stimoli, invaso marino che si modella a fondo fino a cogliere l’umanità fuori dal suo giro, Gil è l’unica residenza che ho costruito in vita.
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