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al testo di Giuseppe Airaghi
L���estate perenne
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Tutte le parole dette e ascoltate scivolano nella discesa quieta che conduce al mare, alla spiaggia dove passeggiare come di sera fanno i turisti al lungomare illuminato, dove sopra un telo giallo riposa il bambino delle estati passate. Con lui condivido le memorie del presente, un orizzonte identico, immutato. Lui non chiede quanti giorni manchino al termine delle vacanze, a differenza nostra che li contiamo a ritroso, sorso a sorso fino al fondo del bicchiere, alzando il braccio in segno di saluto all’indirizzo dell’unica nuvola bianca presente.
La risacca ci bagna i piedi, la sfuggiamo ridendo lui e io. Condividiamo il medesimo nome, la stessa avversione per i fuochi di Ferragosto. A pelo d'acqua galleggia un uomo con le braccia incrociate sul petto storniamo entrambi lo sguardo verso la collina in controluce, verso un’illusione di durata, di presenza immutata. Fin quando nulla avremo più alle spalle. Non rimane che definire che nome dare a questa incolpevole nostalgia del presente.
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