Riviere, bastano pochi stocchi d'erbaspada penduli da un ciglione sul delirio del mare; o due camelie pallide nei giardini deserti, e un eucalipto biondo che si tuffi tra sfrusci e pazzi voli nella luce; ed ecco che in un attimo invisibili fili a me si asserpano, farfalla in una ragna di fremiti d'olivi, di sguardi di girasoli.
Dolce cattività, oggi, riviere di chi s'arrende per poco come a rivivere un antico giuoco non mai dimenticato. Rammento l'acre filtro che porgeste allo smarrito adolescente, o rive: nelle chiare mattine si fondevano dorsi di colli e cielo; sulla rena dei lidi era un risucchio ampio, un eguale fremer di vite, una febbre del mondo; ed ogni cosa in se stessa pareva consumarsi.
Oh allora sballottati come l'osso di seppia dalle ondate svanire a poco a poco; diventare un albero rugoso od una pietra levigata dal mare; nei colori fondersi dei tramonti; sparir carne per spicciare sorgente ebbra di sole, dal sole divorata… Erano questi, riviere, i voti del fanciullo antico che accanto ad una rósa balaustrata lentamente moriva sorridendo.
Quanto, marine, queste fredde luci parlano a chi straziato vi fuggiva. Lame d'acqua scoprentisi tra varchi di labili ramure; rocce brune tra spumeggi; frecciare di rondoni vagabondi… Ah, potevo credervi un giorno, o terre, bellezze funerarie, auree cornici all'agonia d'ogni essere. Oggi torno a voi più forte, o è inganno, ben che il cuore par sciogliersi in ricordi lieti - e atroci. Triste anima passata e tu volontà nuova che mi chiami, tempo è forse d'unirvi in un porto sereno di saggezza. Ed un giorno sarà ancora l'invito di voci d'oro, di lusinghe audaci, anima mia non più divisa. Pensa: cangiare in inno l'elegia; rifarsi; non mancar più. Potere simili a questi rami ieri scarniti e nudi ed oggi pieni di fremiti e di linfe, sentire noi pur domani tra i profumi e i venti un riaffluir di sogni, un urger folle di voci verso un esito; e nel sole che v'investe, riviere, rifiorire!
(Eugenio Montale, Ossi di seppia; Riviere)
|
|
|