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Password per un cammino [Recensione di Marzia Spinelli]
Luminoso e molto ispirato questo nuovo libro di Annamaria Ferramosca, Per segni accesi, pubblicato da Giuliano Ladolfi editore nel 2021, con la sentita prefazione di Maria Grazia Calandrone. La luce percorre l’intero libro, una luce oltre il Tempo, iniziatica individuale e ancestrale cosmica. Già il titolo ci dà l’immagine della luce, di accensione…cosa sono questi segni accesi? L’autrice stessa ce ne dà indicazioni nella sua nota: “sono percezioni, scene ancestrali, vita reale e visionaria, memorie, enigmi, brani onirici” accensioni, appunto. Il segno, si sa, è simbolico, è qualcosa che sta per qualcos’altro, è anche un elemento visibile o percepibile, è un’indicazione, un segnale, potremmo dire un’alert, se vogliamo usare un termine tecnologico, informatico,un avviso, è anche l’accensione, l’avviso della poesia, l’ispirazione della poesia che si fa poi gesto necessario e testimonianza, strumento e tramite tra vita e parola. Tornano in questo libro i temi più cari e ricorrenti della poesia di Annamaria, presenti appunto nei precedenti libri, cito in particolare gli ultimi Ciclica (2014) e Andare per salti (2017) di cui questo attuale è il coerente prosieguo, un continuum, di un percorso poetico, direi quasi una trilogia. Questi i temi ricorrenti: il rapporto uomo/natura, il confronto costante con il mito, l’inquietudine sul mistero della vita, dell’universo, rammemorato in senso scientifico, biologico e ontologico/metafisico; la precarietà della condizione umana, umanità sempre più sperduta, indifferente, smarrita; e poi il ricordo, la memoria personale, intima e quella più ampia di antica civiltà; non manca l’attenzione a temi sociali attuali. Ma qui sembrano questi temi a mio avviso presentarsi in modo più deciso, con un pathos più incisivo, più estremo forse perché la percezione da parte dell’autrice della deriva, dello smarrimento, della solitudine è più estrema in quanto le criticità, le inquietudini e le contraddizioni del presente si sono purtroppo radicalizzate in questi ultimi anni per i motivi che sappiamo: pandemia, guerra… Suddiviso in tre sezioni, ma in realtà un unico poema, un unico flusso poetico, in cui ciascuna sezione è introdotta da un’epigrafe (Annamaria le definisce, con una bellissima e significativa immagine, epigrafi luci!), omaggio a tre poeti molto diversi: Adam Zagaiewski, poeta polacco mancato nel 2022, a cui è dedicata la prima sezione Le origini l’andare, e due poetesse, entrambe suicide nel 1996, Claudia Ruggeri, per la sezione I lumi e i cerchi e Amelia Rosselli per la terza sezione Per segni accesi, che dà il titolo al libro. Poeti diversi ma accostati nel suono di versi che rendono il moto impetuoso della vita, il suo frastuono o anche il dolce rumore della vita , ulteriore omaggio in questo caso al celebre verso di Sandro Penna io vivere vorrei addormentato/nel dolce rumore della vita. Questa è un'altra caratteristica della poesia della Ferramosca, evocare altri poeti attraverso eserghi e citazioni disseminati nei suoi libri; ricordo in particolare Ciclica dove è presente una quantità notevole di citazioni di autori molto diversi e lontani sia culturalmente sia geograficamente (da Artaud a Scotellaro, da Virgilio a Saramago, da Renè Char a Derek Walcott…) Si ripropone questo omaggio/memoria di autori passati e contemporanei perché per Annamaria questi versi e questi autori sono importanti, sono appunto epigrafi luci nel senso che illuminano, sono guida luminosa per se stessa, per il suo mondo interiore e per la sua poesia. C’è quindi un grato riconoscimento alla grande poesia e un posizionarsi umilmente in continuità con la poesia precedente. E non è casuale la dedica del libro “A ogni poeta, a ogni lettore di poesia” come se nella poesia si cercasse un punto comune, un filo costante di condivisione di vita e di destino. E di vita infatti si tratta, partendo dalla nascita che dà inizio al libro “… e uno stormire basso quasi un silenzio/ permette all’utero l’ultima spinta/ dev’essere pace intorno per il primo grido …”; nascita propria, personale, memoria ancestrale forse, che subito però si fa altra, più ampia e universale se già al secondo testo l’autrice ci porta su altro piano: pianeta d’aria e luce e fango dalla notte arcaica risvegliate memorie d’oceano alghe azzurre e sulla terra l’alba degli incontri… il luogo iniziatico è la terra, prima era l’utero materno, e si passa da liquido amniotico materno all’alba degli incontri e di tali incontri, antichi, mitici, contemporanei l’autrice ci parla, in un canto al tempo stesso concreto e visionario, in un flusso poetico limpido e robusto. Si percorre un cammino, personale e comune, o tale è l’auspicio : chiamo mi chiamano/respiro ilcomune respiro/insieme camminiamo insieme andiamo/, bel ritmo dato dalle anafore e dalle rime, un ritmo non marziale, ma cadenzato, che scandisce proprio l’andare, il ritmo comune della vita; ritorna la necessità della condivisione, di un percorso comune, un darsi la mano per affrontare il camminoa tratti arduo e periglioso che attraversa boschi, mari, oceani, evocati come luoghi di morte e tragedie attuali, ma anche luoghi di meraviglia e di scoperta, un cammino dove siamo tutti migranti alla deriva “navighiamo l’ignoto mare di odisseo..”. Un comune andare nella natura o in altri luoghi, come la sala di un concerto da cui si esce/ scendendo le scale in piccoli gruppi /tenendo stretta al petto/ l’ultima eco prima dell’applauso/ e ci sembra – pure se nemmeno ci conosciamo – /come d’essere complici insieme/ ricomporre un disordine. Con fermezza e ardore etico Annamaria Ferramosca canta un’umanità smarrita, chiareferoci le nostre solitudini/ molecole disaggregate… È interessante inoltre l’aspetto lessicale, che si fa semanticamente pregnante, ed è un tratto peculiare della sua poesia a cui molti, oltre la prefatrice, hanno dato rilevanza nelle letture critiche e cioè l’uso molto frequente della fusione di termini, ad esempio : sabbialuce, domandepietre, uomodonnauomodonnauomo, maremistero, vinomiele, feritaluce, lanternevoci, felicetriste; a volte sono termini ossimorici, comunque elemento interessante di questa scrittura che è classica e moderna al tempo stesso, con aperture sperimentali originali, ma pacate, come appunto questo uso di parole fuse che hanno un esito semantico felice, straniante ed efficace. È questo un canto sofferto, di dolore, ma tuttavia stemperato da un profondo senso di gratitudine alla vita e da una speranza, direi una vera fede nell’amore, nella comunanza, nella condivisione, come in questa splendida poesia, a mio avviso poesia centrale del libro, che è una dichiarazione di poetica, anche qui con una citazione importante del verso attribuito a Holderlin poeticamente abita l’uomo su questa terra: “c’è un’arte che ci fa immuni/e guerrieri senza bisogno d’armi/ arte del camminare accanto/ insieme seminare mietere/ insieme spartire/ pane e parole// grati a ogni vita/ da poeti abitare la terra/ vivere di sostesilenzi per/ogni bagliore ogni voce/ ovunque comprensibile come un verso animale/ (la chiamano poesia) è/ libero volo compassione occhio/ testimone del vento del tempo// sintonizzarsi sulla sua frequenza/provare a tradurre qualche lembo/della sua densa leggerezza/in segni vivi pure imperfetti/ poter salvare il suo silenzio/l’invisibile lingua inarresa//”. L’invisibile lingua inarresa è il mezzo per evocare la nostra condizione, la feritaluce dell’origine, l’incognita angosciosa del buio, quel non sapere quando e perché qualcuno di nuovo premerà cancella; così come la piccola Nicole, (A Nicole,) la mia matta speranza, l’innocente meraviglia dell’infanzia, che illumina e dona speranza in una salvifica arca dopo un immaginario diluvio. Il libro, una vera Cosmogonia, logos della vita, si apre come detto in premessa, con una nascita, un venire alla luce, ma la luce, di nascita e di auspicata rinascita che attraversa l’intero poema, si chiude con la poesia Terra domani, testo ispirato da un sogno, segno acceso visionario di un mondo post umano, che vuole essere un invito forte a riflettere sul futuro, un messaggio di speranza, di attesa comune di chiarezza per rintracciare e riscoprire un’armonia panteista, originaria, forse utopica, ma necessaria a ritrovare lo stupore primigenio e sentirci ancora tutti creature. Chiudo con una citazione, credo attinente sia alla formazione classica di Annamaria, sia al momento storico attuale, una citazione di Seneca da Lettere a Lucilio: anche se il timore avrà più argomenti, tu scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia. Credo sia questo, infine, il messaggio/auspicio, dono di speranza di questo notevole libro.
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