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Intervista ai primi tre classificati, Sezione A e Sezione B, del Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, a cura della Redazione de LaRecherche.it
Iniziamo la pubblicazione delle interviste ai primi tre autori classificati di entrambe le Sezioni (Poesia e Narrativa) del Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, III edizione 2017, allo scopo di farli conoscere, come persone e come autori, un poco oltre i loro testi che è possibile leggere nell’e-book del Premio: www.ebook-larecherche.it/ebook.asp?Id=217
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L’autrice qui intervistata è Daniela Neri, prima classificata nella Sezione B (racconto breve) con “Mille colori”.
Ciao Daniela, chi sei? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?
Sono una persona che vive intensamente ogni sensazione, nel bene e nel male.
Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formata e ti formi, che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?
Sono sempre stata una lettrice onnivora, fin da giovanissima. Durante gli anni delle scuole medie e al liceo ho letto un po’ di tutto: da Nietzsche a Edgar Allan Poe, da Kundera ad Hesse, passando per i grandi classici italiani e i poeti maledetti. A 16 anni mi sono perdutamente innamorata di Virginia Woolf, del suo stile incentrato sullo “stream of consciousness”, sul flusso di pensieri, emozioni e ricordi che acquistano maggiore importanza rispetto alla trama. Il suo insegnamento più bello per me è racchiuso in queste parole: “La vita non è una serie di lampioncini disposti simmetricamente; la vita è un alone luminoso, un involucro semitrasparente che ci racchiude dall’alba della coscienza fino alla fine.” In quello che scrivo ho sempre cercato quell’alone luminoso, quell’involucro semitrasparente in grado di avvolgere ogni singola frase.
Secondo te quale utilità e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?
Lo scrittore è un tramite, una sorta di lente attraverso la quale il lettore riesce a vedere meglio se stesso e quello che lo circonda. Dal mio punto di vista chi scrive dovrebbe essere un bravo musicista, un bravo pittore e allo stesso tempo una persona capace di creare il silenzio e il buio attorno, un silenzio e un buio in grado di generare un momento di riflessione. Nella società attuale, in particolare, il ruolo dello scrittore assume una grande importanza: oggi siamo tutti connessi, ma manca una connessione intima, profonda e vera. Siamo bombardati da una miriade di informazioni, molte delle quali inutili o fasulle, abbiamo tutti gli strumenti per raggiungere un determinato luogo, ma non siamo in grado di trovare il centro di noi stessi. La lettura in questo senso diventa anche un momento di raccoglimento nel quale ognuno può ritrovare le “proprie coordinate”.
Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittrice? Gli incontri importanti, le tue pubblicazioni.
Una delle prime poesie l’ho scritta intorno ai 10 anni per consolare la mia sorellina rimasta sconvolta dopo una visita ad un allevamento di carpe. Aveva visto le carpe nuotare allegre e felici e poi agonizzanti dopo essere state pescate e ne era rimasta scioccata. Mi ricordo che scrissi una poesia con protagonista una carpa che guizzava allegra nel paradiso dei pesci! Tra gli incontri importanti voglio ricordare mia nonna paterna che, insieme a mia madre, mi ha trasmesso l’amore per la lettura; il mio amico Giordano al liceo; la mia amica Antonella durante gli anni dell’università; Rachele, che ogni giorno mi invita a scrivere scrivere scrivere; la scrittrice Rosa Manauzzi, che mi ha seguito nella pubblicazione del mio saggio “Palinsesti woolfiani” e il musicista e cantautore Giovanni Nuti, grande amico di Alda Merini, che durante una conversazione telefonica sulla poetessa mi ha ispirato alcune idee letterarie.
Come avviene per te il processo creativo?
Scrivo la sera, di solito, perché amo le luci soffuse. Quando scrivo di giorno tendo ad abbassare le serrande per tenere alla larga la luce. Accendo qualche candela, indosso le cuffie per ascoltare della musica per pianoforte (Philip Glass e Ludovico Einaudi in particolare) e mi verso un bicchiere di vino rosso di quelli buoni, quelli che annusi sempre a lungo prima di sorseggiarli lentamente. Spengo il cellulare, sempre, perché oltre alla luce in quei momenti per me è essenziale tenere fuori anche il resto del mondo. Quando scrivo ci siamo solo io, la musica, le candele, il vino e il mio computer.
Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi con la tua scrittura?
Potrei dire che la scrittura su di me ha un effetto catartico, ma sarebbe riduttivo. Potrei dire che la scrittura per me è vitale, ma a quel punto sarebbe esagerato, perché le cose vitali sono altre. Allora mi limito a parafrasare Charlie Chaplin, che disse “Un giorno senza un sorriso è un giorno perso”. Ecco, per me un giorno senza scrittura è un giorno perso. Solo quando riesco a scrivere qualcosa di significativo sento di aver vissuto veramente, di aver vissuto quel giorno fino in fondo. Scrivere per me è liberarsi di tutto il rumore che ci circonda, rannicchiarsi in se stessi e ritrovarsi. Mi piacerebbe che le mie parole avessero lo stesso effetto su chi legge: sarebbe bello se chiunque mi leggesse riuscisse per un po’ a liberarsi da tutto il rumore intorno, a rannicchiarsi in se stesso e ritrovarsi.
Che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?
A questa domanda dovrebbe rispondere chi mi ha letto. Posso dire, comunque, quello che mi piacerebbe non mancasse mai nella mia scrittura: il colore e la musicalità.
Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Come si è evoluta la tua scrittura dalle tue prime pubblicazioni?
Come accennavo prima, quello che cerco sempre quando scrivo è il colore e la musicalità. Mio nonno materno era pittore e musicista e credo mi abbia trasmesso l’amore per la musica e la pittura. Non saprei dire esattamente come si è evoluta la mia scrittura, ma credo che ultimamente tenda ad essere più “strutturata” rispetto al passato. Anni fa scrivevo di getto dando pochissima importanza alla trama, adesso tendo ad organizzare il discorso in modo più articolato.
Quale rapporto hai con la poesia e quale con la narrativa? Hai scritto sia in versi sia in prosa (racconti o romanzi)? Se la risposta è no, pensi che, un giorno, ti accosterai all’altro genere letterario?
Ho iniziato scrivendo poesie e per gran parte della mia vita ho prediletto la scrittura in versi. Da alcuni anni mi dedico quasi esclusivamente alla Prosa. La Poesia non l’ho abbandonata, comunque. Non penso che sia possibile farlo, almeno non completamente. Una volta che hai scoperto la Poesia te la porti sempre dentro, magari per un po’ se ne sta rintanata in un cantuccio, ma c’è sempre.
Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?
Ho accennato più volte alla musica e al colore che cerco di mettere in quello che scrivo e credo che questi due elementi, insieme alla poesia delle cose, rappresentino al meglio l’Italia. Ho avuto la fortuna di viaggiare moltissimo e tuttora vivo in bilico fra l’Inghilterra e il Belpaese. Ho visto molti luoghi bellissimi, ma non ne ho mai trovato uno con un mix di poesia, musica e colore migliore del nostro.
Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?
Quello fra immaginazione e realtà è un confine labile. Lo scrittore si trova in bilico tra questi due mondi.
Quali difficoltà hai incontrato nel pubblicare i tuoi testi?
Ammetto molto candidamente che, finora, non ho fatto grandi sforzi per cercare di pubblicare i miei testi. Ho partecipato ad alcuni concorsi letterari in passato, riscuotendo sempre un certo successo e in alcuni casi i miei scritti sono stati pubblicati in antologie, ma sono stata sempre un po’ pigra nel bussare alla porta di case editrici e simili chiedendo di essere pubblicata. Ho tuttavia promesso a molte persone che quest’anno mi impegnerò di più!
Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?
Credo che i miei lettori siano fondamentalmente persone sensibili che amano il potere suggestivo delle parole. Il rapporto che ho con loro? Di amore e timore. Amo scrivere e amo essere letta, ma allo stesso tempo ho spesso paura di non riuscire a trasmettere appieno quello che ho da dire attraverso le parole. Amare implica assumersi grosse responsabilità e avere sempre paura di non dare mai abbastanza.
“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?
In una risposta precedente ho affermato che lo scrittore è una lente attraverso la quale il lettore riesce a vedere meglio se stesso e quello che lo circonda. Pertanto condivido pienamente la frase di Marcel Proust e ritengo sia una definizione azzeccatissima della figura dello scrittore.
Hai mai fatto interventi critici, hai scritto recensioni di opere di altri autori? Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura?
Per alcuni anni sono stata fra i relatori di una serie di conferenze su temi letterari nel mio paese natale, Ciampino. Dal mio punto di vista una buona scrittura è quella in grado di trasmettere qualcosa. Un buon testo è un testo scritto bene, ovviamente, senza errori grammaticali e fluido, ma deve essere anche e soprattutto un testo “sentito”, scritto con passione.
In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?
Mi è stato detto che il mio racconto Mille Colori riporta alla mente il movimento artistico del Fauvismo: bello, colorato e apparentemente radioso ma forte e quasi violento nelle sue espressioni artistiche, intriso di una vena di tristezza sottostante che non ti abbandona mai durante la lettura. L’ho trovata una critica bella e molto particolare.
A cosa stai lavorando? A quando la tua prossima pubblicazione?
Attualmente mi diletto a scrivere racconti e sono in procinto di sottoporre all’attenzione di alcune case editrici il manoscritto di un romanzo. La prossima pubblicazione? Spero molto presto!
Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?
La lettura, ovviamente, perché prima di scrivere bisognerebbe sempre leggere, leggere molto, con fame, entusiasmo e attenzione. Poi amo viaggiare e fare lunghe passeggiate, e ho una grande passione per il vino. Mi piace girare per enoteche e scoprire sempre nuovi vini e ho letto varie opere di argomento enologico. Del vino amo ammirarne il colore e gustarne il profumo prima di assaporarlo. Un giorno mi piacerebbe seguire un corso per sommelier... e poi magari scrivere un libro sull’argomento!
Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale italiana?
Erano anni che non partecipavo ad un concorso letterario. Ho deciso di partecipare al Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie” spinta dalla trasparenza, serietà e professionalità della redazione di LaRecherche.it I concorsi letterari dovrebbero essere una vetrina e un trampolino di lancio per autori emergenti, ma sfortunatamente spesso nascondono dinamiche poco trasparenti e si rivelano specchietti per le allodole.
Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?
Il mio consiglio è semplicemente lo stesso che rivolgo ogni giorno a me stessa: scrivete, scrivete, scrivete. Ma cercate di farlo interpellando prima il cuore. Scrivete di getto e lasciate l’esercizio di “limatura” solo per una fase successiva. Mi capita spesso di leggere cose scritte benissimo, ma prive di anima. La libera scrittura in rete è, appunto, “libera”, e come tutte le cose libere rimanda a qualcosa di positivo.
Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti invece dare una risposta?
Voglio aggiungere un immenso GRAZIE per le persone che hanno letto il mio racconto Mille Colori, indipendentemente dal fatto che lo abbiano apprezzato o meno. Hanno dedicato alcuni istanti della loro vita a leggermi, e io li ringrazio. La domanda che non mi hanno mai posto è: A chi dedicheresti il tuo libro più bello? E la risposta sarebbe: a mia sorella Cristina, a mio papà Salvatore e a mia mamma, Mirella Pescatori. A loro devo tutto.
Grazie.
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