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Religione
Tengo sul palmo della mano questo filo d'erba, tanto in apparenza inerme quanto imperioso, possente è il volere che dalla terra gli ordinò di alzarsi, che mi sembra di stare al cospetto di un re; e guardo ai semplici nidi tra i rami con la reverenza che avrei per le più orgogliose cattedrali.
E più di tutti i saggi sa parlarmi di Dio l'odore della terra quando piove, il vento che come un bambino fa festa e canta sul prato più magro o in dorso galoppa alle valli, il docile ronzio di un insetto che agita appena le sue ali: lo sfioro e un riso vago di sole tra le ombre di un pino già lo ha rapito, non saprò mai dove.
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Gli imperi degli uomini non durano che un giorno, a confronto col mandorlo che si riveste di gemme ogni marzo sui rami, e prima di bibbie e piramidi nel bosco già il tordo regnava, e la fiamma pura dell'alba indorava le creste.
Cadranno altari e mura eretti sulla terra, non si estingue invece la fiamma che genera le maree, brucia nelle vene del vento e nelle tue, e un solo poema compongono l'onda che scrive con miriadi di lingue rune sopra le rive, la scia della cometa, la goccia di pioggia che trema sull'orlo di un petalo.
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Più dolce, più solenne l'alleluia dei passeri di quello di tutte le chiese, le nuvole issate sotto la cupola del cielo i soli altari a cui mi inchini, la pioggia che bacia il mio volto mi scrive sulla pelle un salmo che nessun libro ha mai alzato, e la traversata che compie su un tronco la coccinella ripete il viaggio che scrive ogni stella.
La mia è la fede nell'erba che spunta nei campi e in ogni crepa dell'asfalto, non ho altro dio che l'alito che fa aprire i fiori e cavalcare le onde, credo solo in quest'umile, non scritta religione del polline e del vento.
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La primavera − un impero che avanza, magnolie e gelsomini i suoi avamposti. Il mandorlo in fiore somiglia a una ragazza al primo appuntamento, agghindata impaziente per la festa, o a una sposa e di piume di cigni il suo abito è bianco. Svetta dai cornicioni, dalle crepe dei muri, a fiotti, erompe straripa l'erba, sanguina dalle ferite dell'asfalto e inonda le vie, come il fiume del sole dagli argini del cielo. Un'arpa d'oro è nell'aria sospesa, invisibile, e il vento il suo mai domo suonatore folle.
Tenere e rosa l'albero di Giuda come labbra di vergini ha le foglie; presto cadrà scirocco, le macchierà di sangue.
[ da Primavera, indomabile danza, Guglielmo Aprile, Oèdipus ]
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