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Morte del partigiano


Dorme nei suoi capelli, vegetali
fili che il sole e il vento scioglieranno
vivi all’alba: una buia sventagliata
di mitra lo sferzò tra capo e collo
come brusca manata di un amico:
così cadde supino, per voltarsi
a riconoscerlo e a scambiare il colpo.
Non sentì allontanarsi per la riva
i passi dei fucilatori, dopo
che gli diedero un calcio per saluto
gridandogli: «Carogna!», e dentro il fiume
scaricarono l’arma e un po’ più avanti
graffiarono rabbiosamente il ponte
di bombe a mano: troppo poco a dare,
anche se così complice od assente,
che la notte straripi di terrore
per un sol sparo secco. Dorme, dorme
lungo disteso, stretto il gonfio collo
nella sciarpa di sangue larga e morbida
sempre più gelida; e il lungo cappotto
indurito di brina è il suo sepolcro.
E la sua patria è l’erba.

 Elisa Mazzieri - 04/12/2023 06:48:00 [ leggi altri commenti di Elisa Mazzieri » ]

E la sua patria è, per necessità, l’erba.
Il combattente per la Libertà non ha patria, forse.
Forse sta in questo battersi per qualcosa che supera la geografia politica e non scrive la storia, ma dalla storia è narrato come un fatto da album di figurine.
Eppure, è solo battendosi in questa maniera che si parteggia profondamente.
Grazie

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