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Dorme nei suoi capelli, vegetali fili che il sole e il vento scioglieranno vivi all’alba: una buia sventagliata di mitra lo sferzò tra capo e collo come brusca manata di un amico: così cadde supino, per voltarsi a riconoscerlo e a scambiare il colpo. Non sentì allontanarsi per la riva i passi dei fucilatori, dopo che gli diedero un calcio per saluto gridandogli: «Carogna!», e dentro il fiume scaricarono l’arma e un po’ più avanti graffiarono rabbiosamente il ponte di bombe a mano: troppo poco a dare, anche se così complice od assente, che la notte straripi di terrore per un sol sparo secco. Dorme, dorme lungo disteso, stretto il gonfio collo nella sciarpa di sangue larga e morbida sempre più gelida; e il lungo cappotto indurito di brina è il suo sepolcro. E la sua patria è l’erba. |
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