Della vicenda ne fossi stato protagonista se, i fatti dei corrotti o dei corruttori e, poi dispersi nella loro origine si riproponessero integri o, nel ruolo ordinario che la storia mi ha assegnato sarei il mormorio della loro inopportuna presenza, forse una opportunità?
Per questo mi arrogo il diritto del dubbio.
L’unica certezza sta nel precario costume dell’uomo.
Molti sentimenti si aggrovigliano: il primo vanta più ragioni dell’ultimo, l’ultimo si riconosce più sincero del primo.
All’utile a cui furono assegnati dedicano la costanza di una compiacente virtù e, vergognandosi della loro origine ostentano la crudele fermezza della morale usurpando la discrezione pure alla morte.
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Arcangelo Galante
- 02/01/2025 09:13:00
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Interpreto, il componimento, come un profondo esercizio di riflessione morale e filosofica, che intreccia il tema del dubbio con quello dell’ambiguità umana. L’autore esplora il ruolo personale e collettivo nella storia, ponendosi domande sulla propria responsabilità e sulla natura instabile della virtù umana. L’ossimoro tra “compiacente virtù” e “crudele fermezza della morale” mette in luce l’ipocrisia e le contraddizioni insite nell’etica sociale. Anche l’uso del “diritto del dubbio” appare come una rivendicazione di umiltà e autocritica, in contrasto con la certezza che domina il “precario costume dell’uomo”. La conclusione, che lega l’ostentazione morale all’usurpazione della discrezione persino alla morte, esprime un’amara consapevolezza delle fragilità umane. È una poesia densa, che invita il lettore a interrogarsi su verità, apparenze e il senso ultimo delle scelte morali. Molto apprezzata, per stesura e intrinseco contenuto.
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