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Recensione LA TEORIA DELLE LUCERTOLE di Salvatore La Moglie

La poetica della filosofia delle lucertole, ovvero dell’elogio della lentezza e della riflessione nell’Opera La Teoria delle lucertole di Martin Palmadessa.

di Salvatore La Moglie. 

L’opera di Martin Palmadessa La Teoria delle lucertole (Edizioni Setteponti, 2023, pp. 100, € 12,00) non è un romanzo vero e proprio ma una sorta di saggio filosofico in cui l’io narrante dialoga con sé stesso ma con l’obiettivo e il fine di estendere le proprie riflessioni a tutti gli altri per coinvolgerli e costringerli a riflettere come fa lui.

L’io narrante, sin dalla prima pagina, avverte il lettore mettendo in chiaro la sua finalità che è, appunto, quella di distoglierlo dal proprio torpore e condurlo a fare certe riflessioni su una vita, una realtà e un mondo che appaiono sempre più caotici, disordinati, assurdi, paradossali e incentrati sulla logica del denaro e della violenza.

Egli dice a se stesso e a chi lo legge di stare attento e di riflettere perché su certi temi e contenuti deve darsi delle risposte, deve guardarsi nello specchio e non può pensare di poter sfuggire e fuggire da interrogativi che appaiono sempre più cogenti: non può pensare di distrarsi, di proseguire in un comodo divertissement (come già ammoniva Blaise Pascal alcuni secoli fa) pur di non fermarsi e di mettersi a pensare sui grandi problemi del mondo e su quelli esistenziali e propri dell’uomo moderno.

L’io narrante sembra dirci (e, in effetti, ci dice…): Fai come me: guarda o pensa a come agisce una lucertola e, dopo, la tua vita, cambierà da così a così!... E come agisce una lucertola? Agisce con lentezza, si prende le dovute pause di riflessione, ignora gli stressanti frenetici e alienanti ritmi dell’uomo postmoderno che appare sempre più dominato dalla ghigliottina del tempo e del lavoro che, fra l’altro, non gli procura alcuna felicità e, anzi, lo condanna a una vita grigia, logorante, frenetica e soltanto ad una mera sopravvivenza. Di qui l’invito dell’io narrante ad aprire i cassetti del proprio cervello per uscire da questo tipo, da questo genere di vita (che vita non è) per cercare di fare della nostra esistenza qualcosa di unico e di esemplare. Fai volare il tuo pensiero come un’aquila, dice l’io al suo lettore, e lo invita ad osservare tutte le meraviglie che ha davanti a sé e che non vede perché non è sorretto dalla filosofia della lucertola ma da quella della frenetica e alienata formica, sempre agitata e in costante via-vai, sempre a pensare a come accumulare sostanze per il proprio sostentamento e mai a fermarsi un momento per riflettere se la vita può ridursi soltanto a questo. E viene in mente Montale e il suo Meriggiare pallido e assorto in cui un io poetico simile a quello del nostro autore è assorto a riflettere sulla frenetica attività delle formiche, lui così preso da più pressanti pensieri e riflessioni esistenziali: Nelle crepe del suolo o su la veccia / spiar le file di rosse formiche / ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano / a sommo di minuscole biche.

Tra la filosofia della formica e quella della lucertola l’io narrante non ha dubbi: l’uomo deve scegliere quella della lucertola se non vuole condannarsi a una vita grama e infelice, fatta soltanto di dura fatica, di denaro che mai non basta e di poco amore su questa malvagia Terra su cui viviamo e, pertanto, ad un certo punto, avverte tutti noi di fare uno strappo e di cambiare la nostra vita proprio facendo come fa la lucertola: La lucertola sta ferma ad aspirare il calore, immobile. Vive la vita prendendo quello che la natura dà senza chiedere. Non c’è bisogno di niente altro di ciò che il pianeta offre. La lucertola non si affanna (…). Ora analizza le lucertole e ti si apre un mondo. Insomma: tra il modo di vivere e di stare su questo mondo delle lucertole e il modo di vivere e di stare su questo mondo degli uomini l’io narrante non ha alcun dubbio: è preferibile quello delle lucertole! E questo perché quello degli umani è un modo di vivere disumano, intriso di cattiveria, di violenza, di sopraffazione, di delitti atroci, di guerre e, insomma, di pochissimo amore. Di qui il messaggio finale del libro: adottare universalmente la filosofia delle lucertole può condurre alla creazione di una nuova umanità fondata sull’Amore Universale, senza più il dominio della malvagità che conduce ai fili spinati e ai campi di concentramento, non solo fisici ma anche mentali.

(14 Settembre 2023)