Si consuma Peppino, in svariate frequenze desaparecide; tuttavia il contenitore dove la safena ha preso la via della cenere è ancora lucido, aggregato nel marmo con dei fiori di plastica.
Te li ho portati quest'inverno incorruttibile averno, incrociati con il cromo dei colori vivi alla sagra delle lacrime orfane discendenti da quelle note che suonavi come curling su un piano di ghiaccio, acciaio morto incrostato da cutine di ricordi dove il padre non ha mai smesso di essere l'amato.
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Marco Giampieri
- 21/03/2012 12:59:00
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Meth, le tue poesie mi piacciono moltissimo, per il linguaggio "crudele" e per le metafore, a volte, davvero irraggiungibili. Ci ritrovo la pienezza e le contraddizioni dolorose dell’animo femminile, insieme alla passione ed alla ricchezza, che spesso solo il dolore e la "debolezza" sanno tracciare. Ciao e complimenti ancora.
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Roberto Perrino
- 19/03/2012 22:49:00
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... una lettura tesa, scricchiolante, si sentono catene e ferri affilati che sibilano, stridono ... un dolore non sanato, che si sottrae alla cura del Tempo ...
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Meth Sambiase
- 19/03/2012 22:16:00
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Cristina, Loredana, grazie. Non c’è verso di scamparla questa festa; mio padre si chiamava Giuseppe, Grazie.
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Loredana Savelli
- 19/03/2012 21:38:00
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Commovente! E molto incisiva. Ciao Meth
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cristina bizzarri
- 19/03/2012 19:11:00
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L’iconoclastìa è un valido strumento per esorcizzare. Come il bastone dello stregone. Tanto, senza uno fuori l’altro. In qualche modo s’ha da simboleggià... Anch’io scrivendoti questo esorcizzo il mio dolore. Ciao Meth, è potentemente ENORME.
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