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Il tempo passa troppo presto. Lettere alla famiglia

 

Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa, 10 ottobre 1901 – Coira, 11 gennaio 1966) è stato uno scultore, pittore e incisore svizzero di lingua italiana, che ha toccato diversi periodi artistici, tra cui Espressionismo, Surrealismo e Cubismo.

 

Sulla sua arte si è scritto molto: pagine intese e ispirate. Tuttavia, la testimonianza più accurata e interessante, è raccolta in questa prima meravigliosa edizione a cura di Casagrande (gennaio 2024).

In questo libro, sono raccolte parte dell’importante mole epistolare dell’artista: lettere che Giacometti mandava ai genitori da Parigi, dall’Italia - con la parentesi ginevrina della SGM - a cui si aggiungono le lettere che i genitori spedivano dal luogo natio di Giacometti, la val Bregaglia.

 

Ne risulta un carteggio minuzioso che abbraccia l’intero arco biografico di Giacometti: documentando come l’artista si vedeva e si raccontava, di come si relazionava ai compagni, agli amici e ai colleghi francesi. Vi sono notizie sugli anni di formazione e sul suo primo soggiorno parigino - e di questo periodo la letteratura è lacunosa. È possibile immergersi nelle considerazioni tra Giacometti e il padre, artista già affermato. Ci sono aggiornamenti delle sue opere, dagli iniziali timidi riconoscimenti, fino all’improvviso successo, che lo vede incoronato come uno dei più importanti artisti avanguardisti.

 

Ed, effettivamente, Giacometti dà prova di essere un artista poliedrico, alla ricerca di forme sapienti e innovative, sia nella sua opera pittorica, sia in quella scultorea (vedi foto).

 

La Fondazione Giacometti zurighese era, da tempo, interessata alla pubblicazione del prezioso corpus di millecinquecento circa lettere, che avrebbero sicuramente apportato migliorie nella biografia e nell’esperienza artistica di Alberto: nuove fonti, che avrebbero integrato momenti poco documentati della vita e dell’opera dell’artista. 

 

Questo volume, interessante nella forma e nel contenuto, prevede una prima selezione delle lettere giacomettiane, di cui traduzione, analisi e commento sapientemente curato da Casimiro Di Crescenzo, storico dell’arte e uno dei massimi conoscitori dell’opera giacomettiana.

 

Le lettere permettono al lettore di interfacciarsi direttamente con l’artista, in un avvenente lotta contro il tempo per il riconoscimento della propria arte: tant’è che, lo stesso Giacometti, ripete più e più volte che «[…] non so capire come questo tempo passa, settimana dopo settimana con tanta velocità».

 

Alberto intrattiene una corrispondenza diretta come quella che un giovane d’oggi potrebbe avere attraverso WhatsApp.

Tra impegni lavorativi e incontri artistici, ad esempio, scrive a sua madre Annetta il 23 novembre 1948, un martedì:

 

«Carissima mamma

Comincio la giornata scrivendoti altrimenti passa come le altre e devo di nuovo rimettere a domani eppure è lungo tempo che voglio scrivere. Ero tanto contento di leggere la tua lettera per l’anniversario di Diego (il 15 novembre) […].»

 

 

Tiene conto dei giorni, tiene informati i familiari anche della sua salute fisica (lettera del 18 o 25 maggio 1949):

 

«Carissima mamma

Da 2 o 3 giorni voglio scriverti e poi ero sempre disturbato, così oggi comincio la giornata con ciò e sono impaziente di mettere la lettera alla posta. Questa, se il tempo a Stampa è come qua, ti troverà nella stüa (bregagliotto: salotto) riscaldata con fuori pioggia o neve! Come stai? Cosa fai? Penso tanto sovente a te e a un momento o l’altro di quando ero lassù come se ci fossi ancora. […] Non ho più male da circa 8 giorni e ora questo storia sarà credo finita e sento quanto i due mesi a Stampa mi hanno fatto bene (da metà febbraio fino alla metà di aprile 1949, Alberto fa visita alla madre, a Stampa, periodo in cui viene colpito da una forte influenza che lo accompagnerà fino al suo ritorno a Parigi) […].»

 

Da questa lettera, in particolare, si evince la malinconia che spesso colpiva Giacometti: la nostalgia di casa, della madre, e in particolare della casa di Stampa circondata dalle vallate alpine della val Bregaglia - un po’ come nell’Addio ai monti di Lucia dell’VIII capitolo degli Sposi manzoniani.

Per chi cresce in montagna, per chi nasce in montagna, è sempre difficile abbandonare la vista e la presenza costante della montagna: il trasferimento di Giacometti, a Parigi e nel suo soggiorno italiano, sono sicuramente un distaccamento doloroso, sebbene fondamentale per la sua arte e per la sua fama futura, dai suoi monti natii. 

 

Come in molte raccolte epistolari, troviamo accadimenti politico-sociali riconoscibili, come nella lettera inviata alla madre del 29 maggio del 1958, un giovedì, in cui Alberto annuncia che sarà complicato prendere il treno per Stampa:

 

«[…] Si è lì sospesi agli avvenimenti e oggi più che mai è difficile decidersi a prendere il treno in queste circostanze. In due giorni si vedrà più chiaro. Ora de Gaulle deve fare un governo e si vedrà sabato dove saremo (proprio in questo giorno, il parlamento francese accetta la candidatura del generale Charles de Gaulle per la creazione di un governo di sicurezza nazionale. Il primo giugno de Gaulle diventa primo ministro).»

 

Insomma, questo corollario è di una bellezza e intensità palpabili al lettore, sebbene, magari, digiuni dell’opera artistica del grande Alberto Giacometti.

Le famiglie, in particolare quella di Giacometti era avvezza alla scrittura e all’arte - come comprensibile dal padre già artista affermato -, iniziano ad intraprendere un percorso di cambiamento e di avvicinamento nei confronti delle nuove generazioni, soprattutto per ciò che concerne la possibilità di trasferimento dei figli e del loro sostentamento e studio.

 

Una raccolta dall’inestimabile bellezza, prima pubblicazione di una prossima che vedrà condivise tutte le lettere spedite e ricevute da Alberto Giacometti.

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