Dunque qualcosa resta
che abbiamo condiviso:
la spazzola
che ci pettinava entrambi.
Non riuscivo mai a trovarla,
la lasciavi nei posti più impensati.
Era un tuo gioco sottile, l’adorabile
strategia che mi faceva imbestialire.
Oggi so cosa volevi dire:
io tu e lei siamo uno in tre,
se trovi lei trovi anche me.
Adesso rintracciarla non è più
un problema: un’altra donna,
un’altra scena. Ma l’altra sopporta,
rassegnata; evita di sfiorarla anche
solo con un dito: sa che nessuno
può separare ciò che una spazzola
un giorno ha unito.
Qualcosa, dunque, resta
che abbiamo condiviso,
che per fortuna è muta.
Se mi ci metto, posso tentare
di contare tutte le volte
che non ti ho capita.
Perciò mi siedo qui,
uno tra gli imbelli,
su un tavolo allineo,
uno ad uno, i tuoi capelli.
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Fiammetta Lucattini
- 30/04/2013 09:54:00
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Etica, profondissima, per me unulteriore prova delle tue capacità. Un caro saluto.
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Ferdinando Battaglia
- 27/04/2013 09:01:00
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Alla fine, siamo tracce indelebili nella memoria, sia quella umana sia quella delle cose. Considero sempre la tua scrittura perfettamente compiuta, nulla di eccessivo e nulla dinsufficiente: una fine e lucidamente consapevole lavorazione del materiale poetico. Se potessi permettermi, la definerei magistale.
Un caro saluto, Pietro.
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Loredana Savelli
- 27/04/2013 07:50:00
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Ricordavo questa poesia. Grazie per averla riproposta, è perfetta. Ciao!
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Cristina Bizzarri
- 26/04/2013 19:56:00
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Gli oggetti parlano, anche se muti, carichi del nostro sentire e di parti della nostra vita di cui li investiamo. La tua spazzola racconta un amore che tu ancora ascolti, sebbene sia ora soltanto la testimone di un addio. Poesia profonda e delicata, che comunica tutta lamarezza e la dolcezza di un ricordo.
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Cristiana Fischer
- 26/04/2013 18:46:00
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non riesco a scegliere se ridere o piangere per tanta malinconica ironia
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