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al testo di Pietro Menditto
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La parentela tra i bambini che giocano con la sabbia e il vento che lo fa con la polvere; questi paralleli della vita, la carezza dell’innocenza, il crimine elegante della corrida, l’elenco delle somiglianze, mi tengono impegnato durante la tua assenza, nella penombra delle mie stanze.
L’uomo alto e corpulento che abita poco lontano, che incontro con una frequenza da numeri primi, è un’urna che contiene le ceneri di mio padre e di alcuni stretti affini.
La signora del quarto piano che a tavola dopo il terzo bicchiere litiga furente col figlio divorziato nasconde tutto il risentimento di mia madre, mai vomitato.
Mia nonna che nutriva di pietà uomini e animali a distanza immobile su una sedia è la signora anziana del palazzo di fronte morta di sorda inedia.
E quel vecchio magrebino, che passa di domenica, al mattino, il venditore di tappeti, con gli occhi un po’ velati, all’apparenza per niente scaltro, è mio nonno che chiuse il suo negozio per gestire quello di un altro.
E quell’altro, quello pelato, fermo all’angolo che segue con lo sguardo macchine e passanti finché non scompaiono, girando la testa come un periscopio è mio zio che premorì a mia zia che premorì e basta, evitando il manicomio.
E le merde di cane che costellano la piazza sono alcuni miei compagni delle elementari e quelle che segnano i marciapiedi alcuni del liceo e tutte queste insieme ad altre specie di escrementi compongono l’intero collegio dei docenti.
Tutto questo, dicevo, mi tiene un po’ occupato durante la tua assenza, che non so capire.
In questo elenco, dimenticavo, tu sei la primavera, quella che tarda a venire. |
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