Ti scrivo da un posto dove non sei mai stata, dove i treni non passano, gli aerei non atterrano, un luogo a occidente, dove spesse siepi di neve circondano ogni casa, dove il vento ulula al volto vuoto della luna, dove la gente è semplice, e le mode, quando arrivano, arrivano tardi e sono viste come forme di oppressione, fonti di scontento. Questo è un posto che un po’ si accende alle 7 la sera, poi si spegne, e scivola nella camera ardente delle stelle, e tutti sognano di librarsi come angeli in vesti fragranti, di venire sollevati dalle varie incombenze e godere dei piaceri a disposizione di chi li chiede – giorni come pagine strappate a un album di famiglia, rimpatriate senza fine, il coro celestiale intorno alla grigliata che si modula al tono dell’occasione, e tutti che guardano fisso, attoniti d’immenso. (Mark Strand, da “Porto oscuro”, 1993, in “L’uomo che cammina un passo avanti al buio”, Poesie 1964-2006, trad. di Damiano Abeni, Mondadori, 2011)
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