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al testo di Silvia Rizzo
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in molli saepe quiete iactant crura tamen subito vocisque repente mittunt (Lucrezio 4, 999-1001)
Quante strade ho percorso, quanti impervi sentieri o tracce sola insieme a te, mite mio cane dagli occhi dolenti, dal pelo biondo com'è biondo il grano! A volte vagavamo fra odorosi boschi d'abeti e tu puntavi attento e mi indicavi il balzo di un capriolo in fuga a pochi passi. Oppure salivamo su tappeti strepitanti di foglie rosso-rame in faggete montane, lungo un rivo, e sedevamo in alto a contemplare gli spazi interminati. O ancora, andando tra le lave brune del Mongibello, seguivamo un'erta strada per muli lastricata in pietra, stretta fra muri a secco di frutteti e di vigneti dai contorti ceppi. Sempre tu fosti mio compagno fido, silente e vigile, e con me godevi dell'ebbrezza del moto prolungato, dell'aria rarefatta delle alture, di immense solitudini, del bello, che dispiegava intorno la natura.
Chissà se adesso che vecchiaia oscura vela i tuoi occhi e frange la tua schiena ti visita il ricordo del passato? Talora nel silenzio del mio studio, ove tu dormi lunghi sonni ed io vigilo china sui libri e le carte, di un abbaiare soffocato un'eco mi scuote e vedo che nel sonno cieco muovi le zampe e tutto vai fremendo. Certo tu sogni, mite mio compagno, e ti sembra di correre sfrenato in cerchio insieme a me su un verde prato
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