Violento mi spingesti fra gli sterpi, in aspri luoghi infestati da serpi. Invano ti gridai: "Perché mi scerpi?".
Ma lo sterpo fiorì di biancospino. Come una serpe mi riscaldo al sole. Ti morderò se mi torni vicino. 21aprile 2003
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silvia rizzo
- 05/03/2011 18:56:00
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Cara Lorena, l’unico rinvio letterario di cui ero pienamente cosciente nell’atto stesso di comporre la poesia è Dante, Inferno, XIII 34-39 (chi parla è Pier delle Vigne, trasformato nell’inferno in "un gran pruno" per contrappasso del suo suicidio; si rivolge a Dante che su invito di Virgilio ha colto "un ramicel" dalla sua pianta): Da che fatto fu poi di sangue bruno, / ricominciò a dir: "Perché mi scerpi? / Non hai tu spirto di pietade alcuno? / Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: / ben dovrebb’esser la tua man più pia, / se state fossimo anime di serpi". Il tuo commento, e anche altri ricevuti privatamente, mi fanno prendere la risoluzione di mettere qui questa risposta in forma di autocommento alla mia poesia, dichiarando apertamente il mio gioco allusivo con le rime di Dante. Grazie vivissime per il commento e affettuosi saluti.
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Lorena Turri
- 05/03/2011 14:55:00
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Credo che di questa breve poesia ci sarebbe molto da dire,a saperlo fare! Infatti, tra i versi, ritrovo "gli sterpi e le serpi" di Montale, la campagna toscana, anzi Lucchese in quel verbo "scerpare" e nel biancospino, che mi riporta a Pascoli ma anche al trovatore Guglielmo d’Aquitania reinterpretato al contrario, ovvero un biancospino al sorgere del sole non più momento di ricongiungimento amoroso bensì di separazione. Interessanti sono le allitterazioni e i gruppi consonantici ripetuti che definirei onomatopeici.
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Loredana Savelli
- 21/01/2011 08:23:00
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Bella. Sintesi di un’esperienza con morale. Ciao!
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