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Quello che mai

Avevo letto Silvia Tamberi ai suoi esordi in poesia, avvenuti con la raccolta “Emozioni” (1989), seguita poi da “Vagabondaggi” (Edizioni Clandestine, 2000). Già da quei primi versi era evidente, in Tamberi, la necessità della scrittura poetica come forza espressiva doverosa, al fine di elevare la propria voce con nitida energia al di sopra del clamore sociale che, molto spesso e senza riguardo, schiaccia le vite di coloro che vivono nella cosiddetta “diversità”.
Tamberi, con questa sua nuova raccolta, ha fatto un salto importante verso la maturità della sua espressione poetica, riuscendo, in circa centoventi pagine, a delineare un percorso in versi degno di essere annoverato, a mio avviso, per la sua schiettezza, tra i più belli e significativi che la poesia italiana di questa prima parte di secolo può vantare; affermando ciò sono cosciente che potrei esprimere un giudizio soggettivo per quel che riguarda lo stile compositivo, ma sono invece sicuro di oggettività per quanto riguarda l’importanza dei contenuti e delle tematiche trattate dalla Tamberi, connotati da una forte carica introspettiva.
Le poesie sono lunghe e articolate, ognuna potrebbe essere smembrata, per la densità di significati, in decine di aforismi di notevole impatto. L’autrice ha capacità di silenzio, ascolto e osservazione, sia di se stessa che del mondo che s’aggira intorno al luogo dal quale è osservatrice quasi costretta, luogo che pare favorito quanto sofferto: “Questo accadere inaspettato / questo non succedere sorprendente / a cui cercare una giustificazione. / Questo presente / così scoordinato da questa età corrente / e da questo stare vivendo / in cui dover trovare un equilibrio / come una voglia di vivere impedita / un’impossibilità d’andare / una normalità ostacolata / che quasi stupisce. / […]”, (“Contraddittoriamente”, pag. 77).

Tamberi riesce ad intessere una maglia di versi che, seguendo il ritmo cadenzato di una certa ripetitività, mai annoiante, fuori luogo o meramente insistente, conducono il lettore ad una sorta di autoanalisi esistenziale inducendovi un pensiero rasserenante e propositi per un nuovo inizio, in spirito e azione. Essa, attraverso una particolare capacità di introspezione, sembra raggiungere un punto di vista privilegiato sul mondo, riuscendo a innestarsi nelle sue fessure di silenzio e a raccontarne i non sensi, le frette, i deliri insani, gli attimi, le lontananze, i ritardi, le sensazioni, i sogni, le somiglianze, i percorsi, i singhiozzi, i sobbalzi, il mistero: “Accade nell’anima / un succedere violento e impetuoso / così diverso dalla realtà. / Accade nell’anima / che un dolore nuovo / e inaspettato / vi scivoli / che una delusione / vi si annidi. / Accade nell’anima / che una serenità insperata / entri ad abitarvi / per attimi che sembrano infiniti. / Accade nell’anima / che all’improvviso / un dolore si dissolva / una paura svanisca. / […]”, (“Accade nell’anima”, pag. 86).

Sebbene siano molte le riflessioni e le suggestioni che il libro estrae dall’anima, non aggiungo altro, sperando vivamente che i lettori possano seguire il consiglio di leggere questa raccolta di poesie che verrebbe voglia di regalare ad ogni persona cara, anche se non dedita alla poesia, per la semplicità espressiva e la pregnante forza riflessiva: “[…] / Quando m’arresto / e non vorrei / e aspetto poi / di superare ostacoli / e proseguire ancora. / Quando di tutto / e altro ancora / farò versi / per cantare / ogni agire / ogni fare.”, (“Quando”, pag. 115).

 Ignazio - 03/01/2009 18:42:00 [ leggi altri commenti di Ignazio » ]

mi sembra un ottimo modo per incominciare l’anno, lo leggo sicuramente.

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