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al testo proposto da Roberto Maggiani
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Altrachiesa Venti preti contro Bagnasco/Berlusconi a cura di Valerio Gigante, da Adista 10 e 12/2011 Don Ferdinando Sudati – vicario parrocchiale a Paullo (Mi): «Le gerarchie ecclesiastiche (vaticane e italiane), di fronte a un presidente del Consiglio che va mandato a casa con ignominia, hanno preso posizione dandogli un buffetto accompagnato dalla raccomandazione: “Biricchino, non farlo più!”. I rappresentanti della Cei, per una tragica par condicio, hanno dato lo stesso buffetto anche alla magistratura. Che, date le circostanze, è risultato piuttosto uno scapaccione, con effetti disastrosi. Potevano tacere del tutto, se ritenevano di non dover entrare in politica, ma siccome non tacciono e in politica ci entrano abitualmente, tanto valeva che facessero sentire qualcosa che avesse minimamente il sapore evangelico della parresìa, della chiarezza e dell’integrità». Don Romeo Vio – parroco a Titignano (Pi): «La cosa che più mi è dispiaciuta in questi anni è stato l’atteggiamento di coloro che di Berlusconi sono stati i sostenitori. Ad esempio l’on. Casini, che ha consentito al presidente del Consiglio di arrivare al potere anche se poi per i suoi interessi l’ha mollato. Ma soprattutto è l’atteggiamento tenuto da gran parte della Chiesa “ufficiale” che mi ha messo in “crisi di amore” per la Chiesa. Se facciamo una analisi, sono state veramente poche le voci critiche: tolta la vostra e quella di Famiglia Cristiana e di qualche altra rivista della sinistra cattolica la maggioranza dei vescovi e della stampa cattolica o ha taciuto o addirittura ha in certo senso giustificato e coperto le malefatte del premier “contestualizzando” perfino le sue bestemmie. Ora che sta per affondare, speriamolo veramente, finalmente la Cei, dopo aver rischiato di perdere la sua credibilità, sembra uscire dal compromesso; ma viene da pensare che è tardiva la testimonianza di chi pugnala un politico ormai – speriamo – al tramonto». Don Giorgio Rigoni – parroco a Patronà (Cz): «Troppo facile oggi infierire su un uomo finito, un politico fallito che con tanta impudenza ma "intelligenza" ha trattato un popolo sovrano da servi cretini! Un uomo ormai solo, perché circondato da ruffiani che come cani si contendono l'osso, avrebbe avuto il diritto ad una voce diversa da quella dei suoi cortigiani, un pastore che lo ammonisse... come sarebbe dovuto avvenire, all'aeroporto di Ciampino, il 26 settembre 2009, quando il papa volle incontrare Berlusconi. E invece venne fuori un colloquio solo patetico! La Chiesa "alta" anche in questo caso si è dimostrata piccina, calcolatrice e accattona, pronta a virare rotta ad ogni spirar di vento che le possa portare un pur minimo vantaggio (economico). “Vedete quanto è pericoloso tacere? Muore quell'empio e giustamente subisce la morte. Muore per la sua iniquità e per il suo peccato. È ucciso infatti dalla sua negligenza. Egli avrebbe potuto ben trovare il Pastore vivente che dice: ‘Io vivo, dice il Signore’. Ma non lo ha fatto, anche perché non ammonito da chi era stato costituito capo e sentinella proprio a questo fine. Perciò giustamente morirà, ma anche chi ha trascurato di ammonirlo sarà giustamente condannato”. Dal Discorso sui pastori di sant'Agostino, vescovo (Disc. 46, 20-21; CCL 41, 564-548)» Don Silvano Nistri – Sesto Fiorentino: «È un momento di grande sofferenza per chi ama la Chiesa. Io prego: - perché i Vescovi abbandonino il sogno di una nuova cristianità. Il beato Ozanam, impegnato a liberare la Chiesa di Francia dalle nostalgie della restaurazione, diceva: «Si sogna un Costantino che tutto d’un colpo riconduca i popoli all’ovile. No, no… le conversioni non si fanno con le leggi, ma con le coscienze…»; - perché sia ridotta al minimo la Roma curiale, oltretutto oggi di così scarso valore. Un Casaroli o un Cicognani non sarebbero andati a cena da Vespa, né ci sarebbe stato un Fisichella a discettare da leguleio di terza categoria sulla bestemmia o sulla comunione ai divorziati… - perché i nostri vescovi, impegnati nella pastorale, in genere migliori di quelli che stanno a Roma, parlino alle riunioni della Cei e magari esigano, nel caso lo facessero, che le loro voci arrivino anche a noi… Ci farebbe piacere». Don Mario Piantelli – parroco di San Michele Arcangelo e Castelnuovo, Crema: «Mi associo volentieri alle richieste che da molte parti d’Italia (e non solo) vengono indirizzate ai vertici ecclesiastici di alzare forte la voce e di compiere azioni profetiche nei confronti dell’attuale governo Berlusconi. È necessario un supplemento di libertà evangelica per sganciarsi decisamente da un sistema di governo che, attraverso benefici e privilegi, sembra avvantaggiare il “mondo ecclesiastico”, in realtà aliena e impoverisce sia a livello culturale sia a livello socio-economico i credenti che ripongono fiducia non nell’amore al potere ma nel potere dell’amore». Don Giovanni Barbareschi – Milano: «Sono un sacerdote milanese di 89 anni, medaglia d'argento della Resistenza. Ho partecipato alla redazione e diffusione del giornale clandestino Il Ribelle e per questo ho sofferto il carcere. Non è certo questa l'Italia che noi, "ribelli per amore", sognavamo e per la quale abbiamo lottato. In questi giorni ho aderito all'Associazione Libertà e Giustizia (uno dei promotori è l'amico Gustavo Zagrebelsky) firmando l'appello "per esigere le dimissioni e liberarci dal potere corrotto e corruttore di Silvio Berlusconi"». Don Michele Ruggieri – parroco a Bucaletto (Pz): «Siamo al colmo di ogni misura! Sono parroco in una realtà periferica di Potenza, dove non si riesce ad eliminare, ancora dopo 30 anni, una vera e propria ’baraccopoli’ fatta di prefabbricati leggeri insediati per dare alloggio provvisorio ai terremotati del 1980 e che avrebbero dovuto avere la durata di 10 anni, al massimo. Invece, pur essendo per buona parte fatiscenti, continuano ad essere alloggi provvisori per famiglie in difficoltà, per anziani soli, per immigrati, per persone con gravi disagi sociali e psicologi. Avere a che fare ogni giorno con problemi del genere ed assistere impotenti a questo scenario di uomini politici - che, con l’ostentazione del potere, della “iniqua ricchezza”, come la definisce il Vangelo, quotidianamente umiliano e schiaffeggiano la povertà, la debolezza, la fragilità sempre crescente di tanta gente che non ha il necessario per sopravvivere - non può che suscitare indignazione. Nessun motivo di opportunità politica potrebbe ancora giustificare il silenzio della Chiesa nelle sue diverse espressioni e nei suoi diversi livelli, e neanche l’atteggiamento diplomaticistico della gerarchia, formalmente equidistante, di fatto poco chiaro per i tanti cittadini non abituati al linguaggio specialistico della politica». Don Luciano Locatelli – parroco di Stabello di Zogno (Bg): «Non voglio dire: "Ma io ve l'avevo detto che tutto sarebbe andato a puttane!" (con tutto il mio rispetto per chi è costretto a fare questa attività), però questo è quello che succede quando anche noi, Chiesa (tutti, dai "pezzi da novanta" ai piccoli parroci di montagna come me), ci mostriamo più preoccupati per la salvezza dell'economia che per l'economia della salvezza. Ricordo anche che a chi ha ricevuto tanto, sarà richiesto molto di più». P. Candido Poli – missionario a a Piaui - Brasile: «Sono venuto nel Nord del Brasile nel 1952, prete da tre anni. In Italia ho fatto solo ferie, ogni tre, 4, 5 e anche 8 anni, ma da alcuni anni (ne ho 87!) mi tengo in contatto attraverso i siti internet dei giornali. L´Italia va male. Ma ci sono ancora tante famiglie sane. In politica troppi vogliono solo essere galli. La Chiesa per essere missionaria deve essere carismatica. Dove é il carisma della Chiesa oggi? Interviene per tutto e per niente, e all´ora necessaria si salva con frasi ambigue, allusive, che non incidono». Don Francesco Pasetto – parroco della chiesa dei ss. Vito e Modesto a Lonnano, Pratovecchio (Ar): «L’impressione sta diventando sempre più nitida: in Italia i cristiani investiti di qualche potere, ai potenti tutto perdonano mentre ai poveracci niente risparmiano. Casi Eluana e Welby: onorevoli del partito al governo e monsignori di Santa Romana Chiesa si strappano le vesti a “tutela della persona”. Senza distinguere fra “eutanasia attiva” ed “eutanasia passiva” o “indiretta”, vanno giù impietosamente, parlando di “barbarie”, di “assassinio”, di spregio della vita. La Curia romana nel 2006 è arrivata a negare le esequie religiose a Piergiorgio Welby; mentre nel luglio 2009, quando l’Agenzia Italiana del Farmaco ha autorizzato l’impiego della pillola RU486, il presidente della Cei si è detto “amareggiato, triste, preoccupato”, condannando l’atto come segno di “deriva” o “crepa della civiltà”. Contemporaneamente, però, di fronte a episodi pubblici di mercificazione della donna, di sfruttamento della prostituzione persino minorile, di orge erotiche organizzate per divertire il capo, di pratica del “fottere senza amore” esaltata come espressione di virilità e di modernità, Sua Eminenza si è mostrato diplomaticamente equilibrato, pacatamente cauto. Già un alto prelato del Vaticano, non Lele Mora, aveva cercato, con una sottile interpretazione della “legge”, il modo per favorire il presidente del Consiglio, sostenendo la possibilità di tenere insieme “comunione con il Corpo di Gesù” e negazione sistematica dell’“agape”. In questa situazione, per molti cristiani la domanda più urgente e inquietante è divenuta questa: come restituire alla nostra amata Chiesa la forza profetica necessaria a gridare dai tetti con il Battista “Non ti è lecito…!” e, con il Maestro, “Guai a voi ricchi…, guai a voi sazi…, guai a voi che ora ridete…, guai a voi quando tutti parleranno bene di voi…”»? Don Mario Longo – Parrocchia ss. Trinità, Milano: «Dobbiamo dire tutto il nostro sdegno e la nostra riprovazione per il signor Berlusconi che, vestendo panni di difensore della fede, della famiglia, della libertà, dell’amore e dei costumi, si dimostra solo un vecchio falso e laido (non laico, laido) che strumentalizza la sua finta e falsa immagine di cattolico con il suo comportamento scandalosamente irrisorio di ogni regola cristiana. Un persona falsa e starei per dire un fariseo, senza voler insultare i farisei, che dopo aver rovinato per 30 anni con i programmi tutti dedicati “alla famiglia” come il Grande Fratello, Beautiful, domeniche pomeriggio con ballerine seminude, si permette di dire anche lui bestemmie in pubblico, giustificato da alcuni monsignori… questo è troppo, questo è il vero scandalo! Se se ne sono accorti anche in Vaticano e persino la Cei ha dovuto intervenire, vuol dire che proprio siamo al colmo. Basta, basta, basta: è ora di smetterla. O forse bisogna tenerlo buono e giustificarlo perché difende i valori cristiani? O perché dà i soldi alle scuole cattoliche o instaura il quoziente famigliare? Basta!». Lettera firmata – Livorno: «Non è da ora e solo per i motivi che oggi hanno tanta risonanza sulla cronaca, che personalmente avverto un profondissimo disagio, al limite dell’angoscia, per quanto è sotto gli occhi di tutti: lo scempio che si sta facendo della legalità, delle regole fondamentali del vivere civile e democratico, l’uso sistematico della menzogna, la conseguente manipolazione della verità per difendere e promuovere interessi di parte a svantaggio del bene comune, l’insopportabile deriva del consenso, legittimato non solo dall’ignoranza ma ancor di più da basse sollecitazioni populiste tanto più diffuse quanto più indegne, l’arroganza del potere che di giorno in giorno si riavvolge su se stesso per difendersi e isolarsi dai veri problemi in cui si dibatte la gente, la sfacciataggine di chi tutto si può permettere, anche di non rendere conto delle proprie malefatte... Come prete mi sono domandato tante volte se noi, persone che dovrebbero aver a cuore la vita non solo eterna dei fratelli, facciamo abbastanza per aiutare le persone ad aprire gli occhi in un sussulto di consapevolezza e di assunzione di responsabilità. “Voi siete la luce del mondo”, “voi siete il sale della terra”, ci ricorda il Matteo di questi giorni… Ho l’impressione che la “luce” sia fioca e che il “sale” serva a ben poco, se dopo una quindicina d’anni non siamo riusciti a smascherare certi figuri che ci governano col loro cristianesimo di facciata e a prenderne idealmente e concretamente le distanze al punto da non apparire pericolosamente accondiscendenti o colpevolmente conniventi». Giovanni Bruno – (prete-operaio in pensione): «Come tutti sanno, i vertici della Chiesa si sentono impegnati dal Concordato con lo Stato italiano e da ciò derivano privilegi ma anche catene, tra cui la peggiore è la diplomazia. Chi detiene il potere nella Chiesa ha la libertà di dettare regole sulla moralità pubblica, ma non potrà mai come Giovanni Battista dire al capo di turno: “non ti è lecito stare con una donna che non è tua”. Giovanni Battista ha perso la vita per il suo coraggio; i vertici della Chiesa non possono mettere a rischio la struttura e la vita della Chiesa». Don Giorgio De Capitani – Parrocchia S. Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lc): «Adesso tutti fanno finta di scandalizzarsi, a iniziare dai nostri media cattolici, per salvarsi la faccia. C’è da piangere nel vedere quanto le nostre comunità cristiane siano sull’altra sponda. Io non credo più in una riscossa popolare, men che meno in un atto d’orgoglio del popolo di Dio. L’unica via possibile qui in Italia è quella scelta dagli egiziani che sono passati alle vie di fatto». Don Antonio Di Lalla – parroco di Bonefro (Cb): «La Chiesa istituzionale italiana ha un atteggiamento del tutto simile al ranocchio. Se questo infatti viene calato in una bacinella di acqua calda immediatamente schizza fuori, se invece si trova in un contenitore di acqua fredda e sotto viene acceso un fuoco lento vi resta fino a lasciarsi bollire senza nessuna reazione. C’è sempre un mons. Fisichella pronto a contestualizzare qualsiasi “porcata”, dalla vergognosa legge elettorale alle depravate nottate del premier, dal Pacchetto Sicurezza alla morte atroce, o meglio all’assassinio programmato, dei bambini rom: gli euro elargiti dal governo hanno lessato le coscienze ecclesiastiche, per fortuna non ancora quelle ecclesiali. Perciò protesto». Don Carmine Miccoli – coordinatore regionale Pastorale Sociale e del Lavoro Abruzzo-Molise, Lanciano (Ch): «Per ministero, mi capita spesso di muovermi per questo Paese e di stare in contatto con molte persone, spesso dichiaratamente “lontane” dalla Chiesa; la domanda che più spesso ho ascoltato, in qualche momento di confidenza, durante queste ultime settimane, è: “Perché la Chiesa non dice nulla sul presidente del Consiglio e sul suo governo?”. A tutti/e ho risposto, in maniera spesso imbarazzata, ma con tutta la sincerità che potevo, che se la Chiesa dovesse “rompere” in maniera forte e netta con l’attuale governo e col suo “padrone”, dovrebbe riconoscere un ventennio (almeno!) di silenzi, ambiguità e compromissioni; una cosa del genere “costerebbe” alla Cei non solo in termini politici e, ahimè, economici, ma soprattutto in quanto a credibilità del suo magistero e della sua presenza ecclesiale e civile. Ecco, questo è quanto rispondo agli altri: ma io, per primo, non mi accontento più di queste parole. Fino a quando resteremo, noi credenti, a discutere tra noi, a parlare senza ascoltarci, e non inizieremo a “rompere” il silenzio e le complicità che ci hanno fatto diventare tutt’uno con quanto di peggio quest’Italia esprime? Abbiamo poco tempo, prima di essere cancellati dalla storia e condannati da tutti quegli uomini e quelle donne che attendevano da noi la Parola del Vangelo e hanno ricevuto parole fumose e silenzi omertosi». Don Giorgio Morlin – parroco a Mogliano Veneto (Tv): «La situazione è talmente patologica e degenerata che, da un punto di vista soprattutto etico, i danni sono ormai irreversibili. E la Chiesa italiana in tutti questi anni cosa ha fatto? È stata alla finestra a guardare silenziosa il lento ma inarrestabile dissolvimento morale del tessuto civile che fino a qualche anno fa teneva coesi gli italiani attorno ad un nucleo portante di valori condivisi. E quando la magistratura italiana fa il suo dovere istituzionale nell’indagare puntualmente i reati emersi dalle intercettazioni, cosa dice la Cei? Sostanzialmente che il comportamento del premier è certamente scorretto, ma l’accanimento dei giudici è esagerato! Tipico linguaggio ecclesiastico, politico e cerchiobottista, più attento alla diplomazia interessata che alla profezia evangelica del Battista, il quale rivolgendosi coraggiosamente ad Erode, un potente dell’epoca, corrotto e corruttore, senza tanti giri di parole dice con forza: “Non licet!”». Don Gianfranco Formenton – parroco a Sellano (Pg): «Grazie card. Bagnasco per avere avuto il coraggio di avere pronunciato due parole magiche: “Disastro antropologico”. Perché è questo che avviene da vent’anni. La devastazione sistematica di una visione dell’uomo a mezzo di televisione e di prassi politica. Il “Disastro antropologico” è ciò che già tanti educatori hanno individuato da tanti anni in certi meccanismi mediatici che hanno devastato le menti e le coscienze dei nostri ragazzi che leggono negli atteggiamenti e nei comportamenti dei nostri politici una legittimazione di comportamenti che a loro sono negati con il voto di condotta. Peccato che non ci sia il coraggio, nella Chiesa Italiana, di chiedere perdono per avere “fornicato” con tali personaggi per ottenere regalie e vantaggi economici che dubito giovino alla libertà evangelica». Don Maurizio Mazzetto – parroco a Rovegliana (Vi): «Ho messo nel Foglio parrocchiale quindicinale di domenica 23 gennaio 2011 questa frase, tratta nientemeno che dal Mein Kampf di Adolf Hitler: “La massa ama chi più la domina”: ... chi vorrà capire, capirà; ma penso sia questo ciò di cui dobbiamo preoccuparci . Mentre sul Foglio parrocchiale successivo ho messo questo pensiero della Parola di Dio: “Felice l’uomo che ha posto nel Signore la sua fiducia, e non si è volto verso presunte potenze, né verso i fautori di menzogna” (Salmo 40,5)». Don Luciano Scaccaglia – parroco di S. Cristina, Parma: «“Il Paese chiede misura, sobrietà e disciplina. Ci sono troppe ‘fragilità’ etiche, politiche ed economiche. C’è un evidente disagio morale”. Così il presidente della Cei, card. Bagnasco. Tutto vero, però avremmo desiderato più coraggio, “il coraggio di andare fino in fondo nel combattere i mali evocati” (Vito Mancuso). Non è preciso affermare: il capo del governo ha torto, ma i magistrati non hanno ragione, esasperano. Occorre meno diplomazia e più profezia… meno parole pesate e bilanciate». (febbraio 2011)
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