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Opera sull’acqua e altre poesie

Interessante la brevissima autoprefazione, dove l'autore afferma: "Sfoglio il catalogo di questa collana di poesia e mi scuote il brivido: anch'io qui?...E' che a cinquant'anni un uomo sente di doversi staccare dalla sua terraferma e andarsene al largo. Per chi scrive storie all'asciutto della prosa, l'azzardo dei versi è mare aperto. Non li ho raggiunti, i versi. Qui ci sono linee che vanno troppo spesso a capo".

In effetti leggendo una sua biografia sembra quasi che egli abbia privilegiato altre scelte, non già quella di essere uno scrittore (tantomeno di poesia) ma piuttosto una persona che vive l'esperienza della vita fino a scelte lodevoli e quasi estreme. Scrive dall'età di vent'anni, è nato nel 1950 e ha pubblicato il suo primo libro in Italia nel 1989 (Non ora non qui). Ha abbracciato l'azione politica respingendo la carriera diplomatica, ha lavorato come operaio qualificato alla FIAT, poi muratore in Francia, Italia e Africa, nel periodo del conflitto balcanico è conducente di convogli umanitari verso la ex Iugoslavia a destinazione della popolazione bosniaca. Da autodidatta ha imparato lo yiddish e l'ebraico per tradurre la Bibbia, si dichiara non credente ma dedica ogni giorno un'ora di lettura alla Bibbia. Eccetera.

Ebbene una figura quanto mai particolare e lontana dalla noia di una vita borghese. Una persona che uno vorrebbe conoscere dal vivo e verificare se è vera!
Leggendo le pagine del libro qui proposto, si trovano testi che sono poesie di vera liricità, come quella riportata sulla copertina, la quale da sola varrebbe l'acquisto del libro: "Chi ha steso braccia al largo / battendo le pinne dei piedi / gli occhi assorti nel buio del respiro, / chi si è immerso nel fondo di pupilla / di una cernia intanata / dimenticando l'aria...".
Ma nella raccolta si trovano anche testi dove l'autore inciampa, come egli stesso afferma, in un versificare che è: "linee che vanno troppo spesso a capo". Meglio sarebbe stato pubblicare una raccolta di testi decisamente in prosa. Vi è in questa silloge una eccessiva ricercatezza intellettuale nell'area culturale biblico/ebraica, come a farne sfoggio, questo, a mio avviso, pone i testi fuori dall'ambito poetico, rischiando di annoiare. Dalla poesia ci si aspetta qualcosa di diverso, qualcosa che è, per l'appunto, mare aperto, forse un po' di timore ha tenuto l'autore troppo vicino alla terraferma. Anche i grandi editori hanno le loro misteriose simpatie.

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