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Ciao Jacob, Rosa Maria, Lorenzo e Gil, grazie per avere letto/ascoltato/visto la rivisitazione e per avere lasciato il gradito segno del vostro passaggio. Ho apprezzato i commenti, come parziale risposta rimando al mio commento sottostante datato 24/06/2019 ore 00:35:00. Un caro saluto.
Sia per mia ignoranza sia per intensità di tema ci dovrò riflettere ancora, tuttavia, nell’immediato condividerei l’atteggiamento del Tosco; effettivamente, se matematica e poesia hanno in comune la Bellezza formale, hanno però linguaggi (o significanti) diversi, sicché della prima riscritta in versi si danno i contenuti e non l’estetica che le è propria. Certo anche la poesia si può "tradursi" in matematica, basti pensare alle sue possibili strutture metriche ovvero musicali, quindi, appunto come la musica, ha nella sua creazione formale o può avere un substrato nunerico, matematico. Tornando quindi al testo del Maggiani, ne riconosciamo la qualità d’autore, non tanto di scienziato se non evidentemente nei contenuti, poiché trattasi certo di poeta-scienziato.
Sono obbligato ad unirmi agli elogi per questa rivisitazione, anche perchè la mia superficialità mentale mi rende incomprensibile la mistione fra poesia e matematica, che per me fanno parte di due mondi diversi, quindi spingendomi a questo forzoso commento sarò certamente bacchettato. Il Leopardi, a mio modestissimo parere, ha voluto dare l’interpretazione dell’infinito con una poesia di una finezza esemplare, che non avrebbe certo ottenuto il sucesso che ha avuto se fosse stata impostata in termini matematici anzichè poetici, poichè se essi vi si vogliono trovare ad ogni costo, sono nettamente "sottomarini" alla poesia, anche se possono esistere. Però qui è tutto chiaro, e l’implicazione matematica che vi si possa e voglia ritrovare è in realtà subordinata, vorrei dire addirittura cancellata, dalla profondità e bellezza di una Poesia fra le più affascinanti del genere.Tutte le liriche hanno un loro sottofondo riferibile ad un moto che può essere filosofico, psicologico, matematico o altro, e seguendo questa traccia io potrei ricrivere in termini che mi possano apparire anche "La vispa Tersa" o "Il prode Anselmo". Mi debbo scusare con l’Autore e con i commentatori per questoi appunti che si discostano un poco dal coro generale.
Grazie Klara per questo interessante raffronto che non avevo fatto se non a intuito nella composizione cercando di riprendere una musicalità, un po’ come intonarsi su una nota. Grazie Antonio per la tua testimonianza. Entrambi mi avete indotto a riflessione.
Sembra strano, ma la matematica, quando raggiunge alti, altissimi livelli, può congiungersi con la poesia, con la grande poesia. Ho avuto la fortuna, alla fine degli anni Sessanta, di essere allievo, a Napoli, negli ultimi anni della scuola superiore, di don Savino Coronato, che era stato, fino a dieci anni prima, l’unico e fidatissimo assistente del mitico Renato Caccioppoli alla "Federico Secondo" (oltre ad essere stato, prima della guerra, uno dei pochissimi a frequentare degli elitari seminari di Ettore Majorana) ; don Savino, con altro nome, è interpretato da un attore in alcune scene del noto film "Morte di un matematico napoletano" , di Martone (non capisco perché a nessuno sia venuta l’idea di dedicargli una voce in "Wikipedia" , mentre ne esistono, a volte, perfino per mediocri giocatori di calcio di quarta serie! ) Ebbene, le sue lezioni erano brevi ma intensissime: a un certo punto cominciai a non capirci più niente, ma avevo comunque l’impressione di intravvedere talvolta un sia pur pallido riflesso del sole al di fuori della caverna platonica (per usare un’immagine presente alla voce "Matematiche" dell’ "Enciclopedia Einaudi" ) ... Consapevole di essere troppo oscuro per ragazzi di sedici, diciassette anni, don Savino interrompeva volentieri le sue spiegazioni e dimostrazioni per mettersi a recitare qualche verso di Baudelaire, l’altra sua grande passione (come pare, del resto, che Caccioppoli fosse dedito al culto di Rimbaud) , facendoci così intuire la sostanziale contiguità di matematica e poesia. P . S . Non so perché, ma nella mia attività di docente di francese alla scuola media inferiore, alla fine di ogni anno scolastico i voti da me dati agli alunni erano quasi sempre molto più simili a quelli che essi riportavano in matematica che in italiano o in inglese.
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, sempre cara mi fu questa spoglia gaussiana E questa siepe, che da tanta parte e questa delta di Dirac ammortizzata o qualunque risonanza della funzione e ogni discontinuità Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. che da tanta parte dell’ultima infinità mi esclude la comprensione. Ma sedendo e rimirando, interminati ma calcolando interminati Spazi di là da quella, e sovrumani integrali sulle cose gaussiane Silenzi, e profondissima quiete fino al limite -al di là di ogni interruzione- Io nel pensier mi fingo, ove per poco Io nel pensiero simulo ogni soluzione Il cor non si spaura. E come il vento e temo la non linearità del problema. Odo stormir tra queste piante, io quello E come un’idea avverto muoversi tra i neuroni Infinito silenzio a questa voce più comprensibile e semplice di quella articolata e astratta – Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, Questa la comparo a quella e mi sovviene l’intuizione dell’assurdo E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa e la logica leggera e semplice del finito intorno al massimo della funzione privo di complessità Immensità s’annega il pensier mio: Così in questa matematica s’annega il mio pensiero E il naufragar m’è dolce in questo mare. e il naufragare tra i numeri – tutto sommato – mi rende sereno
Ciò che più mi colpisce in questo raffronto serrato è che dove c’è " ma sedendo e mirando" tu scrivi " ma calcolando" ed è come una sorta di contemplazione applicata ; Sì in fondo la matematica non è che questo! In effetti il contrasto lessicale si armonizza nello stesso moto dell’animo indagatore/ esploratore che alla fine si arrende piacevolmente all’Eterno chiamato in matematica l’intuizione dell’assurdo : non è che il collasso del Veliero Pensiero a cui segue il dolce naufragar la Resa o accettazione dell’essere uomini. ( in balia della loro naturale "funzione")
La poesia di Leopardi è uno spunto utilizzato per affermare che il concetto di infinito, cioè lo spaziare dello spirito umano oltre il contingente, non ci è dato soltanto dall’esperienza della natura e della sua bellezza e vastità ma anche dall’esperienza dell’intelligenza logica, esperienza che un uomo può fare di fronte a un ragionamento astratto nei territori della matematica, la quale ha configurazioni ben più vaste e allettanti rispetto a quelle imparate alle scuole superiori... bisogna salire di un gradino sopra e affrontare studi del livello universitario per capire meglio cosa intendo, ma ci sono numerosi testi divulgativi che in ogni caso ne danno un’idea. Grazie Alberto per il commento.
Stranamente o fortunatamente leggendo il testo Leopardiano , come anche leggendo questa pirotecnica e algebrica rivisitazione, si ha la netta sensazione che noi, cioè ogni essere vivente, siamo un "nulla" un meno di niente di fronte alla complessità, alla perfezione e alla vastità dell’ infinito che è di per sè illogico e incomprensibile (come la maggior parte delle formule matematiche): l’ importante è non scoraggiarsi, non perdersi e essere certi che nella quotidianità, nei sentimenti, nelle intuizioni, nella poesia, non sempre 2 + 2 fa 4 !!!!
Caro Antonio, grazie per il tuo incoraggiante commento, talvolta certi tentativi di comunicazione (in questo caso tra poesia, scienza, autore e lettore) sono un po’ azzardati e non si sa mai da che parte prenderli, ma ciò che succede è che mi diverto. Ultimamente sto lavorando in questo senso, non è facile, quando si cerca di far dialogare poesia e scienza, non cadere nel didascalico. Grazie. Un abbraccio.
Ecco un tentativo poetico davvero originale, degno di apparire in giornali anche più diffusi della "Repubblica / Napoli" ! Non entro nel merito della terminologia matematica, che mi ha sempre affascinato ma con la quale ho perso la confidenza da tantissimo tempo; dico solo che penso che il pensiero di Leopardi fosse innanzitutto filosofico-matematico, prima ancora che poetico. Il Maggiani, anche questa volta, mette positivamente in comunicazione l’arte con la scienza, abolisce quei confini che le hanno innaturalmente separate per secoli. (Ieri sera, vedendo un bel documentario su Leonardo da Vinci alla "Rai" , ho appreso che la sua biblioteca personale, di più di duecento libri - un bel numero, per i suoi tempi! - , era costituita per meno di metà da trattati scientifici e tecnici, e per il resto da poesie, romanzi, novelle... )
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