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Con Maggiani la scienza alimenta la poesia

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Con Maggiani la scienza alimenta la poesia

Maurizio Cucchi su Agorà inserto culturale di Avvenire (7 settembre 2018)

 

Poesia e scienza parrebbero realtà inconciliabili e molto spesso, in effetti, hanno viaggiato su terreni lontanissimi, e soprattutto i poeti hanno in genere mostrato una ingiusta indifferenza rispetto ai valori della ricerca scientifica. Eppure gli stessi scienziati elaborano a volte espressioni poetiche, come l’impareggiabile “orizzonte degli eventi”. A questo proposito, come non ricordare Edgar Allan Poe e il suo celeberrimo Una discesa nel Maelström, dove il viaggio verso il terribile gorgo dei marinai norvegesi sembra un’avventura verso un buco nero, oltre, appunto, lo stesso orizzonte degli eventi. D’altra parte poesia e scienza hanno senza dubbio qualcosa in comune, e cioè il viaggio continuo e ineludibile per chi lo compie verso una profondità di ricerca, anche se praticato con mezzi e fini diversi. È necessario allora ricordare, in poesia, l’opera notevole, edita da Einaudi, di Bruno Galluccio, napoletano, laureato in fisica, mentre nell’incontro vivo tra i mondi si attende l’uscita delle poesie di Brunello Tirozzi, un fisico accademico che riesce nell’impresa di testimoniare in versi tratti del suo percorso scientifico e di aprirlo al reale quotidiano. Pensavo a tutto questo leggendo il nuovo libro [Angoli interni, Passigli Poesia] di Roberto Maggiani, cinquantenne laureato in fisica, che così esordisce: “Dalle molecole alle cellule / aumenta la complessità in riduzione di entropia / fino a comporre – / con antichissime istruzioni / dalla fabbrica dei viventi – / un uomo”. Il suo disegno, internamente molto articolato, è quello di un viaggio esistenziale nella piena, acuta consapevolezza della nostra materialità, nella meraviglia delle sue innumerevoli combinazioni interne, e nell’insorgere continuo di nuovi interrogativi: “Molecole del mio gatto / prima di legarvi nella sua carne / dove stavate – cosa eravate - / foglia o intestino di carne?”.

Maggiani potrebbe, a mio parere, forse ancor più riflettere e agire su scelte di stile e sull’economia della forma poetica, ma il suo è certo un libro che coinvolge in quanto percorso fitto di pensiero attivo, che si rivolge alla divinità stessa: “Dio, vorrei parole simili alle tue”, nella piena attenzione ai particolari, ma sempre stimolanti, rapporti tra scienza e poesia, da lui stessi vissuti in prima persona: “Vado da Scienza e Poesia / con una mela tra le mani divisa a metà – / è la mia offerta alla loro unione”. Non vorrei troppo anticipare di questo suo lavoro insolito per la nostra poesia, ma proprio per evidenziare quanto il pensiero scientifico possa entrare nella dialettica poetica e nel suo più alto respiro, cito ancora: “L’entanglement quantistico / fa seriamente pensare / che la mente possa essere influenzata / da particelle in coerenza quantistica / con quelle del cervello / ma situate altrove – / Ecco perché qualche volta / posso dire di avere Saturno contro”. Un modo di pensare scientifico può arrivare dentro i rivoli della nostra quotidianità, ben fuori dai luoghi comuni, e alimentare l’espressione poetica.

 

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