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al testo di Stelvio Di Spigno
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Da "Mattinale", Caramanica, Marina di Minturno (Lt), 2006
I La città d’astri è un fiore di palude - Quando al caldo si specchiava un puntale di luna alle vetrate attorno al porto, l’anima riprendeva i propri tratti nel metronomo diaccio delle ore, - e a strappi - nella strige del metrò si riaddensava un fumo tropicale: l’immagine dell’orto e la galassia fuori dal tempo e calda di tormento. Coi calanchi che spinano la vita, pesava anche la ruggine e lo smalto dei fari che muggivano tra i moli, e al centro del sentiero un solo passo riusciva a smuovere l’afa gelata... II ...il tuo - vedevo in fondo al rumorio la lingua, il masso, il breve ammonimento che la strada mutuata dai passanti portava all’occhio curvo nel suo orrore: una bruma d’infanzia - o il suo fumento - disperdere la furia del minuto nel ciottolo più basso ormai del piede che al bambino mancava per restare; la porta spalancata poi la discesa a un dedalo di camere remote, le forze ormai sepolte dentro il cavo errante del lucchetto. E tu porgevi la guancia a quel divino mutamento... III Ed ora il desiderio è più minuto, più in bilico il balcone sui bastioni suburbani, dove s’annienta il sole: aspetto fuga dritto verso i campi della carraia prima del motore. Mentre rigiri ogni assalto, ogni moto, città che il vespro cala in una voce che non è d’astri, ma rullo di contrada che sa di farsi errore quando è sola. E mai danno riposo agli autocarri, che forano il fumo inabitato, il basalto e il guaiolare dei cani. Mentre il cuore non sa se contraddire la curva che lo muta ad ogni istante, non so se e come arrendermi o sparire. |
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