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al testo di Tania Scavolini
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UNA DELLE TANTE
Passo spedito, stretta nel cappotto di lana, Giuliana dopo la giornata di lavoro finalmente si avvia alla macchina parcheggiata di fronte alla stazione. Non è finita pensa: “Devo ancora ritirare i panni, stirare qualcosa, preparare la cena, ma tanto non mi aspetta nessuno…” Due mesi fa ha lasciato l’uomo con cui era fidanzata da circa tre anni, nessun rimpianto, nessun ripensamento. Filippo è stato l’uomo a cui ha voluto molto bene, perdonandogli ogni volta qualche sfuriata, sempre a causa della sua gelosia esagerata. Mentre guida per tornare a casa, ripensa a Filippo e gli riappaiono le mani di lui, grosse, sempre alzate in segno di minaccia. E poi le risente sferrate contro di lei, con violenza brutale, mosse da una forza bestiale. I segni sul viso e sul corpo ancora purtroppo sono visibili, ferite ed ecchimosi che per passare le hanno detto al pronto soccorso ci vorrà parecchio tempo. Ma le ferite dell’anima quelle già sa che non passeranno mai. Al pronto soccorso aveva dovuto mentire, dire che era caduta per sbadataggine sulle scale. Altrimenti avrebbe dovuto sporgere denuncia, ma avendo paura della reazione di Filippo, aveva rinunciato. Ovviamente, dopo questo ennesimo episodio di violenza, aveva trovato il coraggio di lasciarlo, comunicandoglielo al telefono, perché temeva la sua reazione fisica se lo avesse affrontato di persona. Lui, appena saputa la notizia, neanche aveva aspettato di ascoltare le motivazioni, aveva cominciato ad urlare come un ossesso, minacciandola. Si sa, quando uno è arrabbiato possono uscire quelle frasi “Ma io t’ammazzo! ti spezzo le gambe”, eccetera eccetera. Ma proprio perché considerava che fosse molto arrabbiato, lei non voleva dargli peso e credere che potesse dire sul serio o almeno lo aveva sperato. Giuliana è quasi arrivata a casa, l’ultimo semaforo prima di svoltare e parcheggiare. “Semaforo giallo, no! Non ce la faccio a passare”, borbotta tra i denti… Ed essendo impegnata ad inchiodare, non si accorge dell’ombra veloce che, come un fulmine, arriva allo sportello destro della macchina, lo apre e di scatto si piazza seduta sul sedile accanto. Lo riconosce, è Filippo. Ha un coltello in mano e urla, urla, urla! Le ordina minacciandola con il coltello puntato addosso, di accostare al parcheggio sotto casa. Lei con le mani e le gambe tremanti esegue l’ordine. Non è capace minimamente di parlare o di spiegargli qualcosa per il terrore che la paralizza del tutto. Lo implora solo, piangendo sommessamente, di non farle troppo del male. Ma Filippo è completamente fuori di sé, sbraita frasi senza senso, accusandola che se la fa di sicuro con qualcun altro ed esplodendo di rabbia arriva al culmine della durezza, dell’aggressività. Giuliana sente di colpo un gran calore che si espande, nello stomaco, nel petto, nel collo… Sente tanto fluido caldo che scivola sulla sua pelle, ma non vuole vedere, tanto lo sa quello che sta accadendo. Che cosa ha sbagliato, si chiede, ma non si risponde nemmeno. Non fa in tempo, nell’oscurità della sera si leva l’anima lieve di una giovane donna di nome Giuliana, di cui si parlerà all’indomani, di cui ci si dimenticherà come una delle tante.
Menzione d'onore sez. narrativa Premio Internazionale Letteratura "Per troppa vita che ho nel sangue" seconda edizione
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