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al testo di Stefano Verrengia
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SUITE DI UN ATTIMO
A volte, con un tuo bisbiglio, sembri sfiorarmi l’anima come una brezza di Maggio. Bianco giglio, l’amarezza di un Poeta non potrai mai capirla. I nostri neri lai sono i sinceri latrati di un cane, sono i carati di un pezzo d’oro, sono uno stupido coro di una chiesa sempre più vuota, sono la ruota di una macchina che mangia l’asfalto, sono il cobalto di un cielo di Febbraio. Non potrai mai capire il dolore del sentire l’oceano dentro ma essere solo una barchetta usurata che imbarca acqua, pronta ad affondare. E in quest’onta che è la vita guardare stelle lontane e naufragare con lo sguardo fino a sentirmi un dardo lanciato oltre il tempo … E col poco fiato che mi rimane, voglio sussurrarti dolci versi che persi voleranno come polvere, come tersi lampi d’azzurro in un tiepido Giugno ... e dedicarti rime che siano concime per il nostro giardino, per quell’attimo divino che provo quando è covo d’amore il tuo sguardo, quando è Poesia il silenzio delle nostre labbra. E bevo a fiotti dal tuo cuore, come da una fontana rigogliosa, Speranza, Eternità ed Infinito, un invito alla vita e alla dolcezza. Ma è un ebbrezza tutto ciò, e quella fontana è solo vino che domani mi lascerà arida la bocca, come un deserto. E’ avida la mia penna, avida come una spada in battaglia: mai pavida affronta il vento come un folle Don Chisciotte! E tu, fresco geranio, non senti l’uranio nel mio cuore, che fa marcire tutto ciò che tocca con la sua bocca putrida, con la sua lurida accozzaglia di tenebrosi pensieri. La mia Poesia raglia, in questi pascoli erbosi, negli ombrosi attimi dove il sole non la sfiora. E l’eternità, l’eternità cos’è? E’ solo un lampo che squarcia le tenebre. E l’infinito, l’infinito cos’è? E’ solo la tua ciglia che sfiora la mia. |
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