*
È cominciato con un sogno
nemmeno tanto originale.
C'era un buio da ladri
e la voce di mia madre
che canticchiava la nenia
di quando ero bambino
addormentandomi
*
Ho un grande debito aperto con la vita
che ha cacciato indietro a calci la morte
e devo pagarlo, non so come, ma devo
e non c'è modo di cancellarlo
in preda al panico come sono stato
e senza un vocabolario cui fare riferimento
se non richiami che mi arrivavano da una palude
o echi da un hangar bombardato dal silenzio.
Questo scrivo mentre rivedo i compagni
rimasti su quei letti di dolore,
gli incurabili che urlavano di notte
facendo scsttare la sirena dell'allarme
e le corse sfrenate delle infermiere.
A loro e solamente a loro penso
le volte che riesco a pensare.
*
Una notte di dicembre
ho attraversato a nuoto,
io che non ho imparato a nuotare,
una furibonda burrasca di mare
ritrovandomi stremato sulla spiaggia
di un pianeta sfavillante di luci e indefinibile.
Ero un altro, un essere senza nome e passato
che non controllava più la lingua, la mano
e la parte sinistra della faccia andando,
senza rimpianti, verso una deriva
dove regnava il silenzio,
la pace e il desiderio
di riabbracciare mia madre.
*
Ho ancora indugi imprevedibili,
vuoti di memoria, balbuzie da comico
e inciampi dove mi sembra di precipitare
in una voragine nera o in un tombino
agitando goffamente piedi e mani
che sento enormi come le labbra
che conservano il senso morbido
del primo bacio quando lo aspettavo
senza saperlo, lo sguardo perduto
in uno spazio lontano o quartiere
che era Madonna delle rose
tra i profumi dei giardini
che lo annunciavano.
*
Mi preparo a un viaggio
chissà per dove
sapendo
che non ritornerò più quello che sono,
qualcosa di diverso nell'aspetto e linguaggio.
Sarò energia pura, polvere o vapore acqueo
e parlerò con il fruscio della brezza
tra le tende di un terrazzo
all'ultimo piano
del Residence Cielo.
[ da Residence Cielo, Stefano Simoncelli, peQuod ]