dalla sezione IL GUSCIO DELLE COSE
IV
Ognuno passa come può
oppure passa come altro decide
ma un albero resta un albero
e un ricordo un ricordo
come poi sia possibile
incontrare le cose mentre accadono
è mistero dei misteri
del fato se si preferisce
o del dio se si crede.
Ma che tu possa essere albero è da discutere
oppure poco importa – pensi – e segui il vento
e le stagioni e aspetti che un’ascia o una sega
ti tagli alla radice e il tuo urlo sarà confuso
nel silenzio del creato e lei che forse ascolta
lo scambierà con un rantolo già udito.
dalla sezione L'APPENA NATA
II
Chi genera decide un nome
spera in un suono che non mente
attende una voce che dal futuro
dica che nulla è perso
e nulla resta immobile se il cristallo
che ci separa d’un tratto rivela uno spiraglio
ed eccoci a pregare perché il santo
diventi nostra tranquillità e speranza
mentre la cellula impazzita continua la sua corsa
ubbidisce a sé e alla sua pazzia
elude le domande
e svolta al crocevia fino a rendersi invisibile.
Si resta prigionieri della materia
e l’infinito si propone come finito
dove tutto avrà conclusione. Anche i petali
perderanno colore e profumo
anche le parole spariranno dalle pagine.
E ogni discorso sarà compiuto
nella cenere che resta.
dalla sezione COSÌ SIA
II
Ma c’è un’altra storia
che reclama la propria voce
l’incertezza del precario
questo essere e non essere
– il tempo –
l’avversario prediletto
che non accusa e non assolve
scorre senza pause incurante delle attese
invisibile ruota e ti illude
che possa restare prigioniero
di un libro o di labbra carnose
che sfiora senza peccato
o di lei già azzurra e trasparente
nella sua trasparenza
un tutto nel nulla pieno che non capti
se non con pronomi e avverbi
io tu noi loro in quel tempo in questo tempo
oggi domani ieri qui
siamo noi il tempo con i ricordi datati
e nell’ora della memoria in un bosco
che non è bosco
vedrai l’albero verde e poi secco
poi ancora vestito di foglie
e di nuovo spoglio
e poi e poi
dovresti avvicinarti e chiedere
delle radici in questo tempo
che non è il suo e che abita.
E così sia
se quello che si prova
ha un altro significato
una ferita tanto sottile
da scorrere nelle vene
ascoltare ad ogni respiro la voce
del dolore che chiama
e tu per gelosia o per rispetto
o per pudore non condividi
tu in questa sospensione
dove tutto accade per riaccadere.
C’erano voci e rami nudi
c’erano lacrime e c’eri tu
in quella foresta spoglia come assenza
che sussurrava dov’ero io quando tu eri
questo lei diceva carezzando l’albero
come litania o estrema preghiera
rassegnata quasi alla cadenza delle parole
che nel tempo perdono significato
nel tempo che non è questo
ma l’altro che misura
eppure ti ho visto andare via
o ero io che andavo
e adesso sono qui per te
o sei tu a esserci e io a non vederti.
[ da Il guscio delle cose, Daniele Cavicchia, Passigli Poesia ]