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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 12/07/2020 23:57:00
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Piccolo canzoniere più bugiardo che vero

di Renzo Favaron (Biografia/notizie)

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Quando


Quando si sceglie una strada
che non è più comoda,
né meno amara o arrivano le nuvole
e non si ha più una parola
nelle orecchie, né si ha più
una parola sulla punta
della lingua e chiaro non è più
ciò che abbiamo creduto.
Ecco, quando dura il silenzio
ed è come se si spegnessero
tutte le luci o non ci fosse nulla
a provare che siamo esistiti.
Diciamolo: ora si cerca meglio
a occhi chiusi, ora
è quando manca tutto,
quando è crollato
il tetto della casa
e il cuore batte al buio.


Si, ho paura che non pioverà
più dolcemente sulla città
e che presto gli specchi si svuoteranno.
Domaní ci sarà domani?
Lo so che è impossibile saperlo.
Lo so che non ho mai trovato
fiori come sedili. Ricordo,
Cynthia! Ricordo che lo dicesti
una volta perché sorridessi,

perché non disperavi che mi fermassi
alla soglia del mio fiato,
come di una porta, per ascoltare
il tuo respiro che quel giorno
Scorreva tra il mio
come una sorsata d'amore puro.

 

 

 

La cena

 

La candela è spenta,
sono rimasti gli avanzi.
Anzi, la cena intera.
Chi l'avrebbe detto
che nevicasse a luglio.
Persino i meteorologi
non ne hanno parlato
o non se ne sono accorti.
Si direbbero d’accordo
a non disturbare questo silenzio.
Che sia stato detto tutto
è certo: lo conferma il cane
che già si lecca i baffi.
Mangerà a sazietà,
senza domandarsi
che cosa si festeggia.
La neve è ormai alta
e le strade sono cancellate.
Nessuno è arrivato prima
e ora è troppo tardi.

Accendo la candela
e di colpo la neve si scioglie,
il cane si addormenta.
Inizia la festa
e c'è qualcosa d'inumano,
qualcosa che non si può vedere.

Prima era il pianto
o il sorriso di una donna.
Sì, non era solo Dio,
ma la fuga del tempo,
come un ultimo fuoco
non ancora raggiunto
il punto più remoto
di un cuore monotono e pazzo
dove non si finisce mai di aspettare
la lucciola di uno sguardo.

 

 

 

A terra

 

Acqua, sopra e sotto,
acqua per un viaggio
che non faremo.
Ho imparato a calcolare
coordinate e rotte,
a cazzare e lascare vele.
Ma oggi, incauto
natante a miglia dalla costa,
non sono mai stato
così appiedato.
Sbarcato.
Dentro e fuori.
Domani
e in ogni luogo.
Tanto che si dice
dei navigatori più soli
che solitari,
quelli che sono a terra
anche in mezzo al mare.



 

336

 

Non amo che la quiete,
ma preferisco il mare in burrasca
al piatto e monotono bordeggiare.
O lassù. Con il vento. La roccia.
E nulla da dire,
nulla di serio o di bestiale.

 

Non amo più che la quiete,
lo stare a vele abbassate
e nient'altro che il mare
a perdita d'occhio.
Oppure dare l'assalto
all'aria stagnante,
a questa storia cocciuta
che si trascina senza rotta,
come sotto il piatto
nero del cielo.


Il tempo si dilata, dilaga sì
e noi ci troviamo al 336 di aprile
più simili a fiori di una pianta
che non vive che della propria acqua
e cresce, cresce anche mentre muore.

 

Io non amo che la quiete,
ma preferisco il mare in burrasca
con i suoi schizzi, preferisco
non diventare quella vela
che si arrotola su se stessa
per paura dei venti.

 

 

 

[ da Piccolo canzoniere più bugiardo che vero, Renzo Favaron, Controluna Edizioni ]

 

 


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