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articolo

’PIPER CLUB’ – I fatidici anni ’60/’70

di Giorgio Mancinelli

“PIPER CLUB” – I FATIDICI ANNI ’60/’70 della musica italiana.

 

L’anno era il 1965. Il luogo, il profetico, clamoroso, fantastico Piper-Club di Via Tagliamento a Roma, fondato e guidato dall’allora strepitoso manager (commerciante di automobili) Giancarlo Bornigia con altri soci, uno dei locali storici dell'Italia del boom economico degli anni sessanta e che in poco tempo divenne un'icona di una generazione intera ed un vero e proprio fenomeno di costume in Italia. Il Piper emerse subito come punto focale della bella vita romana, raccogliendo frequentazioni dal mondo dello spettacolo e dell'arte, oltre che da personaggi della scena mondana. Lo storico animatore - intrattenitore del locale, fin dall'inizio e per molti anni, è il giornalista Eddie Ponti. La linea artistica si ispirava al mondo del beat inglese, da cui copiò anche l'idea dell'opera beat, ovvero ad un uso innovativo di luci stroboscopiche colorate accoppiate ai suoni e allo stile dettato dalla moda della minigonna. Alla serata d'esordio suonarono The Rokes e l'Equipe 84, successivamente si susseguirono i migliori gruppi della scena musicale beat italiana tra cui i Rokketti, I New Dada, I Delfini, I Giganti, I Meteors, Gli Apostoli, Le Pecore Nere, Le Facce di Bronzo, affiancati da altri gruppi provenienti dall'estero come The Primitives (tra cui si distinguerà il cantante Mal), Patrick Samson e Les Pheniciens, Lord Beau Brummell and his Noblemen Orchestra, The Echoes, The Bad Boys, The Bushmen (cinque ragazzi di colore del Kenya), The Eccentrics (da cui nascono Mike Liddell e gli Atomi), The Honeycombs, John L. Watson & The Hummelflugs, per citare i più importanti.

A tutti questi si aggiunsero presto artisti del calibro di Nino Ferrer, Fred Bongusto, Dik Dik, Farida, Gabriella Ferri, Rita Pavone, Roby Crispiano, Gepy & Gepy, Nancy Cuomo: su tutti, però, vanno ricordate Caterina Caselli e Patty Pravo che passa alla storia del pop proprio come "la ragazza del Piper", per quanto, secondo alcuni, il titolo sarebbe da condividere con Mita Medici che nel 1966, proprio al "Piper", vince il concorso "Miss Teenager Italiana" con il temporaneo nome d'arte di Patrizia Perini. Nel 1965 Mina vi girò una serie di caroselli per la Barilla per la regia di Valerio Zurlini. Dal numeroso gruppo dei ragazzi che si possono considerare frequentatori 'storici' del Piper emergeranno negli anni numerosi personaggi di spicco fra cui Romina Power, Mia Martini, Loredana Bertè e Renato Zero che nel 1982 realizzerà un 33 giri ispirato proprio agli anni del Piper. In quegli stessi anni vi si esibirono i più conosciuti complessi di musica beat e cantanti di musica leggera nazionali ed internazionali in voga in quegli anni, con nomi del calibro dei Procol Harum, i Byrds, Rocky Roberts, Nevil Cameron, Herbie Goins & The Soultimers (il cui chitarrista era il virtuoso John McLaughlin), Wess (che divenne famoso cantando in duetto per anni con Dori Ghezzi) e dei giovanissimi Pink Floyd che si esibirono in due serate, il 18 e il 19 aprile 1968. La musica italiana era invece rappresentata da New Trolls, Le Orme, I Corvi, I Delfini. I Pooh, nel 1966, in questo locale vi conobbero Riccardo Fogli, che entrò poi come bassista nel gruppo in sostituzione di Gilberto Faggioli, e come nuovo frontman.

Da ricordare l'evento ‘Grande angolo, Sogni, Stelle’ organizzato da Mario Schifano il 28 dicembre del 1967, che segnò una delle tappe fondamentali della nascita dell'underground italiano. La serata vide l'alternarsi sul palco di sitaristi, ballerine e poeti che si alternavano alle Stelle di Mario Schifano, il tutto accompagnato da filmati proiettati sul palco su quattro diversi schermi. L'evento fu recensito su l'Espresso da Alberto Moravia anche lui frequentatore del Piper Club insieme a Pier Paolo Pasolini, con un articolo dal titolo ‘Al Night club con i vietcong’. Dal 1968 dal Piper partì un'iniziativa già in voga negli anni sessanta, i cantagiri canori: nella fattispecie, il CantaPiper. "Piper Club" è stato inoltre il nome di un'etichetta discografica che ha pubblicato i dischi di molti degli artisti che si esibivano nel locale. Il 21 giugno 1969 esordisce il gruppo Tina Polito e i Parker's Boys[4] formato dall'aggregazione di una giovane cantante affermata nel programma televisivo Scala Reale e dal gruppo dove in precedenza aveva militato Renzo Arbore. La formazione era composta da Angelo La Porta (chitarra), Nicola Zanni (basso), Alberto Catani (batteria) e Gianni Micciola (tastiere). Nei primi anni Settanta una modifica della linea artistica portò all'esordio di Formula 3, Mia Martini, Ricchi e Poveri, e all'esibizione di gruppi come Genesis, Sly and the Family Stone e grandi nomi del jazz quali Lionel Hampton e Duke Ellington.

Dopo gli anni dell'austerity (1973 - 1975 circa), il Piper diventa una discoteca, con collegamenti continui organizzati da Eddie Ponti, per riempire gli spazi tra un'esibizione e l'altra, prima con Radio Montecarlo e poi con altre radio. Alla storia del Piper sono liberamente ispirati l'omonimo film televisivo del 2007, diretto da Carlo Vanzina e la serie televisiva omonima del 2009, diretta da Francesco Vicario. Vi è ambientato anche il film tv "Totò Ye Ye", episodio della serie televisiva "TuttoTotò", girato nel 1967 e che è stato l'ultimo film interpretato dal grande attore napoletano. Il 21 agosto 2013 muore a Roma a 83 anni Giancarlo Bornigia che ha segnato un giorno di lutto per tutti noi.  Il 17 Febbraio 2015 il Piper Club ha festeggiato i primi 50 anni del locale con una maratona di ben 6 ore tra musica live, video storici e Dj Set. Mezzo secolo di storia del tempio italiano del ‘beat’ è passata di qua, i nomi di prestigiosi interpreti hanno qui lasciato il segno e spesso da qui sono partiti per la loro strada in ambito musicale. Durante la serata è stato presentato in anteprima il musical di Alberto Laurenti “C’era una volta il Piper...” con ben 9 musicisti e 15 giovani cantanti sul palco che hanno riproposto brani famosi di Rocky Roberts, Mia Martini, Loredana Bertè, Renato Zero, Nada, Caterina Caselli, Patti Pravo. A fine concerto Alessio Granata e Alessandro Leuci hanno condotto la serata 'dance' con un dj-set rigorosamente anni 50 e 60.

Si vuole che la linea artistica di quegli anni prendess le mosse dalla moda inglese, da cui venne copiata anche l'idea dell'opera beat, ovvero di  un uso innovativo di suoni e lo stile dettato dai primi ‘musical rock’ anglo-americani come ‘Hair’ (1967) di James Rado e Gerome Ragni (testi) e Galt MacDermot (musica); ‘Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat’ (1968) di Andrew Lloyd Webber (musica) e Tim Rice (testi). Cioè ancor prima che si acclamasse ‘Jesus Christ Superstar’ (1971) della medisima coppia di autori, oltremanica, al Piper Club di Roma, accadeva un evento straordinario oggi quasi del tutto dimenticato anche negli annali dello storico locale. Nel maggio del 1967 infatti, un giovane musicista, certo Tito Schipa Jr. (figlio del grande tenore italiano), proprio al Piper Club precorreva i tempi con la sua opera beat “Then an Alley”, costruita su testi di Bob Dylan, all’epoca da noi quasi del tutto sconosciuti. Lo testimonia l’intervista qui di seguito riportata, apparsa su ‘Nuovo Sound’ in quello stesso anno, rilasciata all’autore di questo articolo al Jockey Club di Ben Jorillo ad Aprilia, in occasione della presentazione del nuovo album dello stesso Tito Schipa: “Io, ed io solo”.

Intervista:

Dopo alcuni istanti di buio completo resi vacui dalle note di un piano, l’ombra di un viandante avanza attraverso il tempo fino a stagliarsi in primo piano, trasportandoci per un istante attraverso le strade dell’esperienza alla ricerca di un mondo assoluto nello spazio ideale (e universale) che accomuna all’amore per la vita, idee di libertà e di spensieratezza per un prossimo che va oltre il domani. Un domani possibile visto attraverso il filtro irrazionale, forse utopistico o favolistico, tuttavia senza cadere nel nell’estremismo idealistico o nella faciloneria populista. Il suono melodico di un violino, subentrato al piano, fa da base musicale sulla quale Tito si appresta a fare i suoi vocalizzi, i suoi discorsi spesso interrotti da puntini di sospensione, per poi raccontarci le sue precorse esperienze musicali, servendosi inoltre di effetti scenici che esulano dalla musica per raggiungere ‘ad effetto’ la costruzione teatrale e che nell’insieme s’impone come ‘spettacolo’, com’egli ha detto: ‘..uno spettacolo non solo per le orecchie ma anche per gli occhi … affinché chi ne prende parte venga al tempo stesso coinvolto emozionalmente”.

Coinvolgimento, come si intuisce, che prende le mosse dai suoi giochi estrosi e dalle innovazioni che Tito Schipa Jr. man mano va introducendo sulla scena: dal cambiarsi d’abito davanti al pubblico, alla proiezione di un filmato che lo vede impegnato sulla scia di Warrrol a chiedersi perché di ogni cosa, senza tuttavia suggerire una risposta adeguata. Così come l’uso di candele profumate e fogli di carta volanti che dovrebbero suscitare gli animi all’happening. Un prodursi di effetti che questo anticonformista della canzone infine riesce al di fuori di ogni schematizzazione a mettere assieme, per un grande progetto di teatro-musica libero che dovrebbe rispecchiare l’espressione più vicina ai giovani, ad aprirsi ai loro sogni … a “..lasciarci indietro la città per un week-end in totale libertà, non eravamo solo noi … forse il sogno di essere di essere soli al mondo col crepuscolo per sfondo ci portò … e quel flauto incominciò … forse siamo noi, forse son loro a spostarsi, non è chiaro …”.

NS: Che ne è oggi di quella prima “Then an Alley”?

TITO: “Era impostata sulla linea del classico melodramma, i testi erano in inglese presentati in italiano su libretto … fu una delle mie prime esperienze del genere ma non fu possibile portarla avanti causa una denuncia dello stesso Dylan che rese possibili appena cinque repliche … ma la soddisfazione fu quella di mantenere un pubblico vivo e numeroso, tanto che si dovette chiudere le porte del locale (Piper) per la stragrande affluenza. In vero fu un avvenimento! Tutti i giornali italiani e stranieri ne parlarono, ne fecero un fatto di costume … e forse lo era!”

NS: E che cosa accadde dopo?

TITO: “Beh, ci furono circa due anni di silenzio, l’eco di “Then an Alley” risultò limitato, oggi in pochi lo ricordano”.

NS: Subito dopo arrivò “Orfeo 9”, un’opera più completa e complessa che per la prima volta metteva in luce quell’assoluto che forse cercavi … a cosa ha portato il tuo secondo impegno?

TITO: “Più che di “Orfeo 9” spettacolo preferirei parlare di “Orfeo 9 film” di cui nessuno conosce l’esistenza sebbene ne esistano almeno due copie in possesso della RAI-TV che da due anni, per ragioni incomprensibili e intollerabili, tiene bloccata una situazione che mi danneggia anche economicamente”.

NS: Oggi si torna a parlare di te e di “Orfeo 9” in occasione del tuo spettacolo “Concerto d’addio” ma, soprattutto per un rinnovato interesse dei giovani dopo che “Adesso Musica” (programma TV) ha inserito in una sua puntata alcuni spezzoni tratti dal tuo film. Vedi in questo una intenzione della RAI di programmare il film per intero?

TITO: “Lo spero … ieri, quando la censura lo ha bloccato per ‘istigazione alla violenza’ nel contenuto della canzone “Combat”, poteva risultare difficile per le idee e le situazioni che vi erano presentate; oggi diciamo che quelle idee fanno parte di una certa attualità. Ma se la RAI aspetta di presentarlo domani, potrebbe non essere più valido.”

NS: Non pensi che sotto questo silenzio possano esserci delle ragioni politiche? Che alcuni signori dell’ambiente teatrale abbiano visto un possibile sconvolgimento dell’allora statica situazione teatrale italiana e quindi opinata un’operazione di blocco?

TITO: “Non posso dirlo con certezza sebbene lo abbia pensato, posso comunque dire che “Orfeo 9” non era nato con questi propositi sovversivi … voleva solo aprire un discorso nuovo nella nostra cultura giovanile, di vedere e ascoltare la musica facendo un salto da ‘ieri’ della tradizione italiana a un ‘oggi’ affrontato nelle sue possibili incoerenze sociali e umane … aprire un varco verso quei valori artistici che potevano essere raccolti e con le possibili critiche che ne potevano derivare. Fu il risultato di due mesi di prove per 40 persone e la spesa ‘autofinanziata’ di 3milioni di lire che oggi fanno la muffa al Settore Sperimentale della televisione nostrana.”

NS: Quali necessità ti hanno spinto a fare questo tuo “Concerto d’addio” e perché? Intendi forse chiudere una parentesi o ritirarti dalla scena musicale? TITO: “No. È semplicemente un titolo di un album che non vuole segnare una fine, bensì un nuovo inizio … come dare un calcio al passato e iniziare un nuovo discorso. Mio padre ad esempio dava ogni volta un concerto d’addio che non era mai l’ultimo … è così che io ho inteso chiudere questo mio obbligo (di promesse) verso il pubblico. Chi non ha veduto “Orfeo 9” e non conosce le avventure /disavventure dello spettacolo che per la prima volta (in Italia) aveva richiamato l’attenzione dei giovani che per vederlo arrivavano con qualunque mezzo da ogni parte, non può neppure immaginare cosa esso ha significato … uno spettacolo divenuto in breve un fatto di cultura.”

Oggi tutto questo appartiene al passato e possiamo ben dire che Tito Schipa Jr. intendeva davvero dire ‘addio’ a quel pubblico per proiettarsi in un’altra dimensione artistico musicale di altro genere e di altra portata. Inutile dire che noi, rappresentanti quei giovani di allora, restammo delusi anche se a distanza di tempo si comprendono ancor più le ragioni di quella sua scelta che c’era sembrata deludente, non direi piuttosto offensiva riguardo alle nostre aspettative. Ma spesso le strade della vita prendono le direzioni che vogliono e senza biasimo riconosciamo a Tito Schipa Jr. di aver svolto un ruolo importante per tutta la musica e in particolar modo per il teatro italiani. Pertanto gli diciamo un grazie infinito per averci permesso allora di misurarci con quelle che erano ormai le 'idee' cultural-rivoluzionarie di un'epoca. “Orfeo 9” è dunque la prima opera rock italiana versione moderna del mito di Orfeo ed Euridice, scritta e composta da Tito Schipa Jr. e messa in scena per la prima volta al Teatro Sistina di Roma, il 23 gennaio 1970 con la collaborazione di Garinei & Giovannini.

Quella sera Piazza Barberini e le vie adiacenti rigurgitavano di giovani colorati e allegri, eccitati dall’avvenimento d’incontrarsi e riconoscersi in quanti avevano ritrovato loro stessi a uno spettacolo che rivoluzionava l’armamentario tradizionale del teatro, vuoi per la sua ricchezza di effetti speciali: scenografie di luci, colori, nebbie, fumi colorati, musica tenuta a decibel altissimi. Vuoi per i testi che spalancavano le barriere di anni di tabù, d’incredulità verso il mondo giovanile, nel disconoscimento di reali problemi sociali che per la prima volta venivano affrontati: l’amore libero, la droga, uscire di casa, viaggiare in auto-stop, ecc. e con quale enfasi creativa, musicale e canora, venivano presentati; il risultato fu di tale portata che oggi si comprende perché allora poteva spaventare l’ordine pubblico e ancor più i ‘bigotti’ rappresentanti della cultura consolidata.

Sinossi: (atto primo) Tra le rovine di una chiesa sconsacrata su una collina (Invito) vive un gruppo di giovani che si è rifugiato dalla società e dall’impurità della città industriale. L’inizio dell’opera li vede ancora immersi nel sonno. Poi, lentamente, il risveglio, e con esso il desiderio del sole e della sua luce (L’Alba). Al primo raggio, però, segue un violento acquazzone, che però non può nulla contro le voci di chi il sole lo ha dentro (Vieni Sole). Fra questi giovani c’è Orfeo. È uno qualunque, né più importante né più intelligente degli altri. È solo più chiuso, più solitario; se ne sta in disparte, e vede tutto intorno solo un riflesso di sé (Il Risveglio Di Orfeo). Il suo unico incontro e momento di dialogo è con il ragazzo del pane, giunto dalla città dopo tre giorni a piedi (Pane Pane). Da lui Orfeo ascolta il racconto-sogno di una città libera e deserta (La Città Sognata). Ma la realtà è ben diversa, e la città è quella di sempre, e al Vivandiere Orfeo racconta delle sue difficoltà (La Ragazza Che Non Volta Il Viso). Ma un giorno compare Euridice, e per Orfeo è un’autentica folgorazione, un’autentica visione della Realtà, che lo risveglia dal torpore e dalla sua chiusura (Eccotela Qui). Il rito nuziale viene immediatamente celebrato (Dio / Senti Orfeo), ma durante la cerimonia si fa avanti un oscuro individuo, che quasi ipnotizza Orfeo e lo convince che si può essere ancora più felici, e lo rende vittima di un’atroce truffa; in pratica gli “ri-vende” quello che lui già aveva (Euridice), con in più la convinzione che sia stato lui stesso a venderglielo (Venditore Di Felicità).

Ma Euridice è ormai perduta, e Orfeo cade nella disperazione (Senti Orfeo-ripresa). (atto secondo) Orfeo decide, quindi, di lasciare la chiesa (Ciao) e mettersi alla sua ricerca (Per La Strada). Fa vari incontri, ma ogni volta cade nell’errore di paragonare tutto all’immagine di Euridice e non comprendere cosa gli viene offerto. Rifiuta l’amore di una coppia di autostoppisti (La Coppia / Seguici) che di amore dicono di averne tanto da poterlo dividere anche in tre; rifiuta l’alternativa esoterica di una chiromante illuminata (La Chiromante), e persino il rifugio nella città sognata del Vivandiere (Tema Delle Stelle / La Bomba A). L’alba lo coglie alla periferia della città infernale (Da Te Per Te), e la sua ricerca in quei gironi disperati ha un'ossessiva risposta, sempre uguale: No, nessuno ha visto Euridice (La Città Fatta A Inferno). Le note di un semplice blues, che risuona fra le ciminiere raccontando la favola di un giovane che ha perso la sua bella per essersi voltato indietro invece di fidarsi di lei (Una Vecchia Favola), sembrano risvegliare Orfeo, che si ritrova adesso vicinissimo ad Euridice. Ma Orfeo ha gli occhi troppo offuscati, e non la riconosce (Ritorno Ad Un Sogno). È ormai perduta per sempre (Eccoti Alla Fine).

Tra i Musicisti che hanno collaborato alla realizzazione di “Orfeo 9”, oltre a Tito Schipa Jr. - voce, pianoforte, synth, percussioni: • Pasquale Liguori - percussioni • Andrea Sacchi - chitarra acustica, chitarra elettrica • Bill Conti - tastiera, synth • Tullio De Piscopo - batteria, timpani • Massimo Verardi - chitarra acustica, chitarra 12 corde • Joel Van Droogenbroek - organo, sitar • Bruno Crovetto – basso Del cast facevano parte, tra gli altri, Monica Miguel, Simon Catlin, Giovanni Ullu e Andro Cecovini.

Tra i giovani attori cantanti che presero parte alla’avvenimento teatrale vanno citati: Loredana Bertè, Renato Zero. Per l'incisione del disco e per il film il cast subisce alcuni cambiamenti, e alla nuova realizzazione partecipano tra gli altri il futuro premio Oscar Bill Conti (arrangiamenti, direzione orchestrale e tastiere), Renato Zero, che impersona Il venditore di felicità, Loredana Berté che interpreta una narratrice ed esegue i cori con Penny Brown e Marco Piacente, e ancora Edoardo Nevola, Eva Axen.t

Tra i musicisti sono da citare Tullio De Piscopo alla batteria, i chitarristi Sergio Farina e Andrea Sacchi, e Santino Rocchetti come cantante in un brano.

L'autore:

Tito Luigi Giovanni Michelangelo Schipa, noto come Tito Schipa junior (Lisbona, 18 aprile 1946), è un cantautore, compositore, regista, attore e produttore italiano; una delle personalità più originali del panorama musicale italiano: è stato il primo autore di un'opera ‘rock’ in Italia, ed uno dei primi al mondo. Nel 1966 lavora come assistente alla regia di Lina Wertmuller in due ‘musicarelli’ girati dalla regista in quell'anno, "Rita la zanzara” e “Non stuzzicate la zanzara”, entrambi con Rita Pavone e Giancarlo Giannini. Nello stesso anno diventa il presentatore delle serate al Piper Club: è proprio in questo locale che debutta, l'anno seguente, l'opera beat “Then an Alley”, realizzata scegliendo 18 canzoni di Bob Dylan ed unendole insieme; tra gli interpreti vi è la cantante Penny Brown. Nel 1967 continua l'attività di aiuto regista lavorando con Giorgio De Lullo, Giancarlo Menotti e Luigi Squarzina.

In qualità di Cantautore il suo debutto avviene nel 1971 con la pubblicazione del 45 giri ‘Sono passati i giorni/Combat’, con cui partecipa nello stesso anno alla Mostra Internazionale di Musica Leggera; la canzone sul lato B (che era apparsa già nella colonna sonora del film “Policeman” di Sergio Rossi nel 1969) viene censurata dalla RAI per i contenuti del testo. Nel 1973 pubblica l'album ‘Io ed io solo’, contenente alcuni fra i suoi brani più noti: ‘Non siate soli’ e ‘Sono passati i giorni’. Dopo altre attività come compositore e come attore, pubblica nel 1982 un altro disco come cantautore ‘Concerto per un primo amore’. Nel 1976 fonda, insieme al drammaturgo Mario Moretti, il Teatro in Trastevere, e nello stesso anno vi presenta la sua commedia musicale "L'isola nella tempesta"; inizia poi a lavorare a “Er Dompasquale”, rielaborazione dell'opera "Don Pasquale", di Gaetano Donizetti, che ottiene molto successo sia in Italia che all'estero, arrivando nel 1983 ad essere rappresentata a Broadway in un adattamento curato da Joseph Papp. “Er Dompasquale” viene anche pubblicato su LP dalla RCA Italiana in quello che è il primo disco triplo realizzato da un artista italiano.

A metà degli anni ottanta Tito Schipa torna a Bob Dylan, con cui aveva iniziato nel 1967 con l'opera pop ‘Then an Alley’, dedicandosi alla traduzione in italiano di tutti i testi delle canzoni del cantautore di Duluth: questo lavoro si concretizza nella pubblicazione di tre volumi per l'Arcana Editrice con le sue versioni dei brani di Dylan e in ‘Dylaniato’, disco che raccoglie alcune di queste canzoni arrangiate e cantate da Schipa. L'esperienza positiva del lavoro sui testi di Dylan si ripete due anni dopo con la pubblicazione, sempre per l'Arcana, di un volume con le traduzioni delle poesie di Jim Morrison. Altre attività: Negli anni novanta Schipa continua la sua attività in vari campi, realizzando colonne sonore per film e spettacoli teatrali, dedicandosi alla redazione di una biografia sul padre (in occasione del centenario della nascita) e lavorando come autore radiofonico. Si dedica inoltre all'attività di regista per vari allestimenti di opere liriche e realizza documentari: tre per la RAI e tredici per il canale tematico Gambero Rosso.

Inoltre è per qualche anno docente di drammaturgia del melodramma all'Università Orientale di Napoli, all'Accademia Musicale Claudio Monteverdi di Campobasso e all'Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, attività che proseguirà all'Università Popolare di Roma (UPTER). Attualmente è infatti impegnato presso l'UPTER di Roma in "Opera Full Immersion", una serie di seminari-spettacolo di "istigazione e assuefazione al melodramma" da lui ideati e condotti. Attualità e progetti in corso: Attualmente è in corso di scrittura la sua nuova opera rock "Gioia", la cui sceneggiatura è stata finanziata da European Script Fund nell'ambito del Progetto Media della CEE. Tito è docente presso l'Upter di Roma e i suoi corsi sul melodramma ricominceranno a settembre 2014. Ad agosto 2013 è uscito lo spartito di "Orfeo 9". Collabora per l'Opera con l'Enciclopedia Treccani online. C’è grande attesa per l’uscita del DVD di “Orfeo 9” prevista per il 18 Aprile 2015.

Numerose sono le regìe teatrali a cui lavora successivamente, oltre a " Then an Alley" • 1971 - Alceste, di Christoph Willibald Gluck. Ripresa dalla regia di Giorgio De Lullo • 1976 - "L'isola nella tempesta", di Mario Moretti, Tito Schipa Jr., Marco Piacente • 1976 - "Opera buffa", adattamento per ragazzi de "Il barbiere di Siviglia" di Gioachino Rossini. (Di Tonino Conte, ripresa dalla regia di Ruggero Rimini) • 1980 - "Er DomPasquale", di Tito Schipa Jr., Roberto Bonanni, Gianni Marchetti. • 1990 - "L'amico Fritz", di Pietro Mascagni • 2001 - "La traviata", di Giuseppe Verdi • 2006 - "Herr Rossini, Signor Wagner", di Tito Schipa Jr. • 2006 - "De profundis - Secretum Theophili" (Rendine), di Sergio Rendine • 2006 - "Il castello - L'onore dei Morra", di Nicola Samale • 2007 - "Salomè", di Richard Strauss. (Regista collaboratore di Giorgio Albertazzi) • 2007 - "Trittico '900" (William Walton, Francis Poulenc, Paolo Renosto). • 2007 - "Il Pastor di Corinto", di Alessandro Scarlatti • 2009 - "L'elisir d'amore", di Gaetano Donizetti • 2010 - "Il campanello", di Gaetano Donizetti ed altre.

Molti i libri pubblicati e partecipazioni in veste di ideatore, sceneggiatore e regista. "Premio Qualità e Merito per la Musica" nell’ambito del Premio Internazionale di Cultura, promosso dal Centro Culturale Europeo “A. Moro” di Lecce • 2011 - "Premio ProgressiVoice - Uomini e Miti" nell’ambito dell'Afrakà Festival di Napoli • 2012 - Riconoscimento alla carriera per la "Prima Rassegna della Storica e Nuova Canzone d'Autore" dedicata a De Andrè svoltasi a La Spezia • 2014 - Premio Speciale per i Diritti Umani 2014 in omaggio a Nelson Mandela nell'ambito del Premio Raffaello Sanzio 2014 promosso dall'Associazione Italia in Arte Curiosità.

Non in ultimo, nel 2008 "Orfeo 9" viene proiettato come film fuori concorso alla 65ª Mostra del Cinema di Venezia • Orfeo 9 è l'unico album italiano a non essere mai uscito di catalogo per 40 anni, grazie alle 11 edizioni totali dell'opera (12 se si considera anche l'emissione in formato digitale dell'iTunes Store) • Ogni ultimo venerdì del mese, alle ore 18.30, "Orfeo 9" viene proiettato all'Azzurro Scipioni di Roma per volere del suo gestore, il regista e autore Silvano Agosti, che lo ha inserito nella programmazione perenne del suo cinema.

 

Note: Articolo / Intervista ‘Tito Schipa Jr.’ apparso in Nuovo Sound 1973. Notizie relative raccolte sul WEB – Wikipedia e altri.