Pubblicato il 06/05/2012 17:16:52
Ode di maggio
Quanta stranezza in questa primavera che ancora gusta d’inverno in quei volti cupi di morte inflitta per condanna d’un sistema corrotto. Tempus fugit, suono su temi bruni d’abbandono nel controcanto della sera molle mentre discendo gironi gremiti da disperati ignari del naufragio.
Sono andato nel bosco, ieri, senza troppo pretendere al solo vivere e cosa rubo alla saggezza d’essere quando del poco midollo lasciato non riesco suggere neanche il sentore? Sono rimasto sul ciglio del tartaro, fermo a guardare, tralcio nel tormento, coloro affranti d’emaciata attesa.
E’ che io non son fatto per la guerra richiamato dai molti immiseriti che già contestano per la dignità persa a modico prezzo nel baratto d’idee ormai fiaccate dal conflitto. Alle vedove non son più conformi quei peana intessuti da tiranni loschi, gonfi di boria e indifferenza.
Provo a scrivere qualche rima sparsa sgrattando cancrizzati sentimenti per meglio mordere umori glassati, anche se queste timide parole, ancora prima di staccarsi libere dalla penna, già sanno di poetico aborto: quando torneranno i giorni buoni per trafficare umane lettere?
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