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Una come lei


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Pubblicato il 19/08/2013 12:00:00

 

La madre consacrante

 

Sto davanti al mare

che rotola e rotola nel suo sangue verde

dicendo, «non abbandonare un dio

perché io ne ho una manciata».

Gli alisei soffiavano

nella loro inversione a dodici dita

e io semplicemente stavo sulla spiaggia

mentre l’oceano faceva una croce di sale

e appendeva gli annegati

e loro gridavano Deo Deo.

L'oceano li offriva in sacrificio secondo l'umore della sua potenza.

Io volevo partecipare

ma me ne stavo sola come uno spaventapasseri rosa.

L’oceano inghiottiva e soffiava vapore,

l’oceano boccheggiava sulla riva

ma io non riuscivo a definirlo,

non riuscivo a dare un nome al suo umore, alle sue smorfie oscure.

Al largo lui rotolava e rotolava

come una donna in gestazione

e io pensavo a coloro che l’avevano attraversato

nell’antichità, per arte nautica, per schiavitù, per guerra.

Immaginavo come avesse portato quei bastimenti.

Doveva essere penetrato pelle a pelle,

e indossato come il primo o l’ultimo abito,

entrando in ginocchio come in chiesa,

discendendo in quell’ascensione,

per quanto fosse scivoloso come olio d’oliva,

mentre cavalca ogni onda come un ladro di bianco.

La grande profondità conosce la legge quando porta il suo cappello grigio,

anche se l’oceano viene come è suo destino,

con le sue cento labbra,

e alla luce della luna viene nella sua nudità,

seni balenanti fatti di acqua lattea,

natiche balenanti fatte di insopprimibile brama,

e di notte quando la penetri

risplendi come un soprano al neon.

 

Io sono quel goffo umano

sulla riva

che ti ama, che viene, che viene

che va,

e desidera schiacciarti sotto il pollice

come Il Canto di Salomone.

 

 

[ Traduzione di Marina de Carneri, tratta da Una come lei – e altre poesie, Via del Vento, 2010 ]

 

  

 


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