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L’alternativa

di Luciano Tricarico
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Pubblicato il 16/12/2014 20:17:50

 

Lasciate ogni speranza voi ch’intrate. Così scriveva Dante nel canto terzo della divina commedia e nel suo dire fu lungimirante per i tempi a venire.

Come vanno le cose Teresa, chiese il dott. Martini. Dai si, abbastanza bene. Ho finalmente trovato un lavoro. A quarantott’anni non è facile, però a volte l’esperienza accumulata  aiuta. Farò la commessa nell’ erboristeria del nuovo centro commerciale che presto aprirà i battenti. Sono felice per te come si chiama? Erbavoglio; fa parte di una grande catena italiana con qualche ramificazione all’estero, sicuramente l’avrà sentita nominare.

Per il doc, Teresa rappresentava una specie di figlioccia. Aveva appena cominciato la sua attività come medico di base e adolescente con tutta la famiglia fu fra i suoi primi pazienti. A lei soprattutto si sentiva legato, in quanto conosceva tutte le sue vicissitudini; certamente una vita non facile.

Il giorno della firma del contratto per l’effettiva assunzione Teresa, la titolare del negozio Giovanna e il suo commercialista si presentarono davanti alla commissione dell’ispettorato del lavoro. Si rende conto signora che questo contratto non è legale, non ha diritto a ferie, malattia, pausa pranzo, indennità, non specifica l’orario settimanale e un qualsivoglia stipendio. Hai un lavoro è questo ti basti; la moderna schiavitù. Teresa non aveva scelta, firmò e così vendette la propria anima.

I lavori prettamente strutturali furono ultimati. Bisognava pulire il negozio, sistemare la merce e via dicendo. Teresa lavorava dieci ore al giorno e la sera tornava esausta. Spero almeno che me le paghi queste ore diceva a Riccardo suo compagno. Anche questo è lavoro, deve essere retribuito.

Mai pensiero si rivelò più inesatto. Dei soldi dovuti e di tutte le ore si perse memoria. Giovanna le aveva assicurato verbalmente mille euro al mese più la compartecipazione agli utili, se mai ce ne fossero stati e trenta ore settimanali.

Le cose cambiarono immediatamente. Innanzitutto le ore passarono da trenta a trentasei e nonostante le proteste, Giovanna mentì spudoratamente dicendogli che mai aveva parlato di trenta ore, i mille erano costantemente al di sotto del pattuito, senza poi considerare che l’accredito in banca avveniva quando le era più comodo. Capitava spesso che Teresa si ritrovasse il conto in rosso nell’attesa del bonifico, che a conti fatti poteva non arrivare mai.

Era divenuta un’estranea. Sono libera mercoledì e lavoro sia sabato che domenica, il giorno di Santo Stefano sono di pomeriggio, a pasquetta lavoro al mattino e avanti così per tutto l’anno. Nulla coincideva, a casa lei lavorava Riccardo, a casa Riccardo lavorava lei. Rinchiusa per sei giorni alla settimana. Teresa si sentiva stanca e sfiduciata. Fare l’amore? Troppo nervosa e frustrata. L’aspetto smunto e tirato, il mal di stomaco causato dallo stress onnipresente, una costante tensione alle articolazioni e fastidiose allergie, erano il suo bollettino medico giornaliero.

L’introduzione da parte delle aziende dell’uomo del mistero fu causa di ulteriore sofferenza. Una figura ambigua che si presentava in negozio come un qualsiasi cliente e dopo aver dato un’occhiata in giro ed acquistato un prodotto, stilava un rapporto dando una valutazione sull’ordine, la conduzione, il comportamento delle commesse, il loro aspetto esteriore e altre idiozie.  Un giudizio superficiale e personale che non teneva minimamente in considerazione i tanti aspetti che una giornata lavorativa poteva includere, ma che poteva comunque essere causa di sanzioni o addirittura licenziamento. Come essere seduti sulla poltrona del dentista.

Giovanna la irritava, godeva nell’umiliarla. Ci teneva a sottolineare che aveva il potere di disporre di lei a suo piacimento.

L’apice lo toccò consegnandole un righello atto a posizionare le confezioni dei prodotti sugli scaffali equidistanti fra loro. Una mansione da ricovero coatto. Teresa era professionalmente preparatissima, nel suo campo seconda a nessuno; i clienti si affidavano volentieri ai suoi consigli. La capacità di interagire con le persone era un suo dono naturale. Suo malgrado, non contava assolutamente niente.

A casa il dialogo confluiva su un’unico filo conduttore, il lavoro. Ossessionata, il suo cervello le era entrato in loop.

Riccardo ascoltava e cercava di tranquillizzarla sviando su altri argomenti, ma lei ritornava sempre sullo stesso. Per lenirle la pesantezza delle ore, nei momenti liberi andava a trovarla nel centro commerciale. Era diventato un’habituè nonostante odiasse quei luoghi.

Una sera raggiunse il limite; ora basta. Se speri che Giovanna cambi atteggiamento scordatelo è un pensiero utopico. A mio avviso hai due possibilità, far valere i tuoi diritti, per quanto pochi o andartene.

Meglio essere disincantati davanti alla cruda realtà, piuttosto che cadere nel limbo delle vane speranze.

Di fronte all’erboristeria in un negozio di telefonia mobile, lavoravano  due ragazzi sui trent’anni, conviventi da qualche tempo. Con Teresa lei si lamentava dei bassi stipendi, gli orari, l’inesistente considerazione da parte della proprietà e l’assoluta insicurezza che il contratto con cui erano stati assunti dava loro. Vivevano nel terrore di perdere quel posto.

La paura ti radica i piedi a terra e l’urina scende lungo le gambe e ti senti impotente di fronte ad un terrore soverchiante.

Le agognate ferie estive furono la svolta cruciale.

Prendo una settimana; scordatele bella mia e comunque devo prima chiederlo al commercialista le rispose Giovanna. Vorresti dire che non posso assentarmi per qualche giorno? Sul tuo contratto non sono contemplate le ferie.

Il momento di sradicare i piedi prima o poi arriva.

Sul mio contratto c’è anche scritto che è un mio diritto gestire orari e giorni liberi. Non l’ho fatto fino adesso, ma ora ho deciso di usufruire di questa possibilità. Di quello che dirà il commercialista, non me ne frega un cazzo. È… comincio da adesso. Si avviò verso l’uscita, lasciando Giovanna immobile in mezzo al negozio. Il viso sfigurato da una grottesca maschera rabbiosa, incapace di proferire la singola sillaba.

Riccardo saliva la scala mobile, Teresa scendeva. Gli sguardi si incrociarono. Aveva il viso paonazzo e due braci al posto degli occhi. Sorrideva.

Il ricatto sociale è una devastante realtà. Bisogna ringraziare tutti gli imprenditori e politici che nel momento in cui si prospettava questo sconvolgimento hanno salvaguardato esclusivamente i loro interessi, senza pensare alle ripercussioni che avrebbe prodotto.

Che il lavoro ti permetta di vivere serenamente e di guardare al futuro con fiducia, in questi anni è utopia pura e semplice; il disincanto? È insito in noi, solo non ce ne rendiamo conto; la speranza? Beh si è depressa a tal punto da decidere un repentino ritorno nel vaso di Pandora.

Esiste l’alternativa? Certo. Non adagiarsi sul pensiero comune del “non possiamo farci niente”.

Questo paese ha bisogno di un radicale cambiamento di coscienza, di coraggio e di una grande solidarietà. In questo potremmo prendere ad esempio gli stati del nord Europa.

Dobbiamo salire una scala lunghissima e ripida, ma finchè non porremo il piede sul primo gradino “saremo” e chi pensa di essere migliore mi critichi pure, un popolo inferiore.

 

 

 

 


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