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Paolina, ovvero… Pisa nel cuore

di Maria Grazia Ferraris
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Pubblicato il 15/02/2015 11:03:55

Paolina, ovvero… Pisa nel cuore
La casa, la magione, il palazzo era grande, freddo, inospitale. I genitori difficili, soprattutto la madre: assente affettivamente, arida, opprimente, sempre ossessiva, coi suoi divieti, le sue pratiche ultrarigoriste religiose e bigotte, cui obbligava tutta la famiglia, le sue proibizioni, ad uscire, a intrattenere rapporti epistolari, i suoi risentiti silenzi, i suoi musi.
Loro tre- Giacomo Paolina e Carlo-, nati a distanza ravvicinata, crescevano insieme, giocavano insieme, studiavano insieme nella grandissima biblioteca paterna. E questo era l’aspetto felice della loro infanzia: un’alleanza di gusti e di intenti, una amicizia che superava la naturale fratellanza, una parità intellettuale che non discriminava Paolina come femmina.
I giochi del resto erano semplici, quotidiani, e la grande magione offriva facili trucchi, finestre infinite che offrivano spunti di visuale sempre nuovi, e nascondimenti. Ci sono esperienze semplici e fantasiose e magiche che fanno gioire i bambini: si guardano le figure fantastiche delle nuvole, si fissa un filo d’erba, una festuca, si soffia via una piuma, e si segue il suo itinerario nell’aria, si contempla una ragnatela e la sua ingegneristica costruzione che il ragno sa riparare, o si contano i ciottoli del selciato…. , un ramoscello staccato per caso da una siepe suscita per la sua forma e la sua vischiosità un rinnovato desiderio di attenzione e di conoscenza. Al mattino il sole gioca sulle coperte del letto imbiancando pian piano la camera. Quelle attenzioni fanno consumare ore intere! Perfino il latino era diventato oggetto di apprendimento piacevole, da quando avevano imparato a gareggiare tra loro.
Giacomo le aveva perfino dedicato una canzoncina divertente di lode: l’erudita signorina/ dei dottori alta regina.
Un’infanzia felice? No. Solo non comune alle altre femmine.
Il padre, chiuso nella sua biblioteca, distratto come sempre, svagato, senza il senso dell’economia e dell’amministrazione, più attratto dal giornalismo e dalla politica, indifferente ai guai e alla conduzione economica della famiglia, cui la moglie supplisce con accanito risentimento, la loda benevolmente per la sua disponibilità, tutta di tutti anche se quella figlia sembrava a lui un po’ troppo virile nella lingua e nella penna, troppo testa e poche chiacchiere. Il che non si addice a una ragazza da marito.
Infatti Paolina è intelligente, acuta e ironica. Sa di non essere bella, e questo è un elemento non da poco da mettere in un contratto matrimoniale - sua madre non fece tempo a sacrificare alle grazie prima di partorirla…- sa di non essere ricca, e la mancanza di dote è un altro elemento decisivo nella scelta del buon partito da sposare, sa di essere intelligente e colta, ma questo non è detto che le possa giovare. Ma non vuole rinunciare all’amore. È una giovane adolescente piena di sogni e di illusioni.
Entra fiduciosa nella vita, sperando di trovare un mondo delizioso, sicura di trovare un cuore, almeno un cuore che l’ ami, e che ritiene di meritare, ma trova presto che questo mondo delizioso si converte in luogo pieno di spini, in cui non basta nemmeno stare immobile per non soffrire…
Giacomo, che da uomo spera di avere un futuro ben diverso, come un buon fratello le ha augurato di sposarsi e di avere figli, ma le ha anche pronosticato.. O miseri o codardi Figliuoli avrai./ Miseri eleggi. Immenso/Tra fortuna e valor dissidio pose….. Non è stato un buon augurio.
Si è innamorata. Un amore ardente, furioso, ma non cieco. Le sembrava di essere vicina alla realizzazione dei suoi sogni, delle sue speranze. Ma gli uomini sono così piccoli, così meschini! Basta una domanda precisa, rigorosa, esigente, impegnativa… e scappano. Le donne così intelligenti, così lucide, autonome, fanno paura.
Paolina tocca con mano quello che è il destino eterno delle donne, anche di quelle che sembrano privilegiate come lei: adattarsi, non chiedere, non esigere, non seccare, tacere. La ribellione è pazzia, non si adatta al loro ruolo sociale, all’educazione ricevuta. I sentimenti devono essere piegati alla ragionevolezza, alla consuetudine, alla volontà dei genitori. Giacomo affettuosamente dice che lei è forte. Lei sa che cosa intende dire. Giacomo, che pensa in latino, traduce al femminile il suo amato aggettivo strenuus: che significa valoroso, coraggioso, forte, appunto, capace di resistere in quella prigione, nella clausura cui è destinata. Forte? O disperata?
Il suo temperamento vivo, appassionato, il suo desiderio intenso, giovane, di vivere può essere solo confidato a un’amica, di nascosto da tutti:
Io voglio ridere e piangere insieme: amare e disperarmi, ma amare sempre, ed essere amata ugualmente, salire al terzo cielo, poi precipitare- ed io sono veramente precipitata…ma al terzo cielo non sono salita mai .
E il suo buon senso? E la sua ironia? Deve rinunciare all’amore? Arrendersi come le donne del suo stato e della sua condizione? Le si presentano altri pretendenti, ma ahimè…: che ne sarebbe di lei se tutte le illusioni che per forza debbono accompagnare quel salto di vita importante non ve n’è alcuna, nemmeno quella del cangiare paese e di montare in un legno con otto cavalli di posta..? …se, un’occhiata della persona amata compensa tutto, se questa occhiata è una felicità tale che pare non vi sia forza per sostenerla, e bisogna chinare gli occhi, bisogna ch’essa sia realmente amata di fatto e non di solo diritto…. Che senso ha sposarsi senza amore, senza illusioni, senza speranza, solo per fuggire alla prigione casalinga?
Sembra anticipi i primi lontani fermenti femministi: gli uomini!
Facciamo loro vedere che non siamo poi tanto infelici quanto essi suppongono, e soprattutto guardiamoci bene dal prestar fede alle loro parole… ma per nostra disgrazia il cuore umano è impenetrabile, e noi povere donne restiamo quasi sempre ingannate e non ci è permesso neppure di lamentarci apertamente e di accusar gli uomini di iniquità, poiché essi hanno il diritto di far tutto! Si rende conto che l’intelligenza non le è di aiuto:
Se io potessi cambiare questa mia testa e questo mio cuore con la più sciocca testa ed il più freddo cuore che fosse al mondo, lo farei volentieri, e certo sarei allora più felice e più lieta.
Curiosa, interessata, vivace vorrebbe vivere e viaggiare, mettersi, pur sola, in un legno di posta, e girare tutto il mondo… vedendo le bellezze e le bruttezze della natura, come le ghiacciaie della Svizzera, il cielo di Napoli, un’aurora boreale e Pietroburgo…., invidierà l’amica che col marito sta per partire per Londra, e che ha provato la beatitudine di un viaggio a Vienna. L’idea di un viaggio simile la farebbe delirare di gioia. Deve invece accontentarsi di vedere il paese dalle finestre della sua casa per le solite assurde proibizioni materne. Invidia non solo le passeggiate a cavallo dell’amica, ma anche quelle a piedi, visto che non esce mai, tanto che le sembra di perdere l’uso delle gambe. Giacomo è partito. È in Toscana, è stato a Firenze, ora è a Pisa.
A lei, e per lei sola, ha indirizzato una lettera gioiosa, e questo la colpisce molto, in modo indelebile. La lettera dice: Sono rimasto incantato di Pisa per il clima: se dura così sarà una beatitudine….L’aspetto di Pisa mi piace assai più di quel di Firenze. Questo lung’Arno è uno spettacolo così bello, così ampio, così magnifico, così gaio, così ridente, che innamora: non ho veduto niente di simile né a Firenze né a Milano né a Roma; e veramente non so se in tutta Europa si trovino molte vedute di questa sorta. Vi si passeggia poi nell’inverno con gran piacere: sicché in certe ore del giorno quella contrada è piena di mondo, piena di carrozze e di pedoni: vi si sentono parlare dieci o venti lingue, vi brilla un sole bellissimo tra le dorature dei caffè, delle botteghe piene di galanterie, e nelle invetriate dei palazzi e delle case, tutte di bella architettura…. Pisa è un misto di città grande e città piccola… un misto così romantico, che non ho mai veduto altrettanto ….
Non lo scorderà più. Tanto da scrivere anni dopo alla solita amica che si trova a Pisa, in Toscana: …hai fatto bene a scegliere il tuo albergo lungo l’Arno, del quale Giacomo mi ha fatto una descrizione incantevole, e di cui mi diceva che non potrà mai dimenticarsi…, e ancora: tu vai ad abitare in una deliziosa città, che per qualche tempo dell’anno prende l’aspetto di Capitale, e che in ogni stagione deve essere un soggiorno incantatore…. Dimmi che vita fai costì… se sei animata,… se ti piace il lung’Arno, se questo sole ti rallegra….. Io riguardo la Toscana come un porto sicuro dalle tempeste…, tanto da pensare che se fosse a Pisa, i suoi pensieri malinconici sarebbero più dolci…
Per il momento dovrà accontentarsi di viaggiare intorno alla sua camera.
Si annoia, cerca conforto nei libri, che legge con sistematica e quotidiana frequenza, prendendone diligentemente nota e ne è letteralmente affamata, prova a tradurre qualche autore francese contemporaneo che fortunosamente arriva a rimpinguare la biblioteca paterna, piena di tomi in folio di devozione, di ascesi e di teologia, che destano in lei sentimenti di grande rabbia e impotenza contenuta. È lucida e attenta, ma sa anche prendere le distanze e ironizzare sui dibattiti culturali e le polemiche letterarie in corso in cui anche Giacomo si è immerso.
Le piacerebbe essere una come tutte, e scrive all’amica di sempre, di nascosto, come sempre : Oh! come vorrei venire a godere, a sorprenderti una sera al chiaro di luna, quando la mia amica se ne va a diporto tra i boschetti o lungo le sponde del Panaro, tutta immersa nei suoi più dolci sogni!….Ora decidi s’io appartenga ai classici o ai romantici, ma siccome questo è di poca importanza, ti dirò piuttosto: ora vedi ch’io sono sempre la tua amica, se il desiderio di vederti è il mio più vivo desiderio…
Mette a frutto la sua ottima conoscenza del francese e traduce il Viaggio notturno intorno alla mia camera di Xavier De Maistre, che viene perfino pubblicato. Che titolo ironico e leggero ha scelto Paolina per la sua prima impresa di traduttrice: un titolo che ben si addice alla sua vita e ai suoi desideri frustrati! Me la immagino mentre traduce consolandosi di un’esperienza che ben conosce:
Nulla è più attraente, a mio avviso, che seguire le proprie idee passo passo, come il cacciatore segue la selvaggina, senza preoccuparsi di mantenere una direzione. Perciò quando viaggio nella mia camera, di rado seguo una linea retta: vado dal mio tavolo verso un quadro che sta in un angolo; da lì muovo obliquamente per andare alla porta…. Un bel fuoco, dei libri, qualche penna, quali risorse contro la noia! Esiste un teatro che più stimoli l’immaginazione, che più risvegli teneri pensieri… in cui talvolta mi oblio
Seguitemi, voi tutti che un dispiacere d’amore, una negligenza degli amici trattengono in casa, lontano dalle meschinità e dalla perfidia degli uomini. Tutti gli infelici, i malati e gli annoiati del mondo mi seguano! …..Lasciate da parte, vi prego, i cupi pensieri; state perdendo un momento di piacere senza guadagnarne uno di saggezza; vogliate accompagnarmi nel mio viaggio: andremo avanti a piccole tappe, ridendo, lungo il cammino, dei viaggiatori che hanno visto Roma o Parigi- nessun ostacolo potrà fermarci; e, abbandonandoci allegramente alla nostra immaginazione, la seguiremo dovunque vorrà condurci.
Legge con ingordigia i suoi amati autori francesi, Stendhal, Eugène Sue, e soprattutto M.me de Staël, l’autrice di Corinna: un romanzo in gran parte autobiografico.
Corinna è il suo romanzo preferito. La protagonista, nella quale vorrebbe identificarsi, una poetessa romana, un’improvvisatrice romana come si diceva allora, incoronata in Campidoglio, che conduce a Roma un'esistenza brillante e indipendente. Ha straordinarie doti di intelligenza e di sensibilità, di ingegno creativo. Possiede ragione e passione, rigore ed estro, che sono il preludio dell’età romantica. È una protomartire dell’emancipazione femminile, che sa difendere il suo ruolo e la sua posizione con efficacia. Sa anche ragionare politicamente e pronuncia una veemente autodifesa e perorazione a favore di questa sua Italia, nazione sfortunata e delle donne, che in quella società di crisi hanno acquisito libertà, prestigio, e indulgenza perché quando le donne hanno torto.. è per debolezza, non per durezza come succede agli uomini.
Passano gli anni, monotoni fino allo sfinimento, sempre identici a se stessi, con l’accompagnamento degli inevitabili lutti: il padre, la madre, Giacomo, due fratelli, alcuni nipoti… Finalmente è libera e sola. Non rende conto che a se stessa.
Rimodernerà la casa, comprerà vestiti vistosi per andare a teatro e a sentir musica, buffi cappellini. Ma è ormai tardi.
Visiterà le amiche che non ha mai potuto vedere, la tomba di Giacomo, e andrà a vivere gli ultimi suoi anni …a Pisa, in cerca di quel clima confortevole tanto decantato e di quella bellezza cui voleva aspirare, e possedere. Uscirà spesso, anche d’inverno, col freddo, ostinatamente orgogliosa della sua indipendenza e libertà.
Morirà di polmonite nella Pisa dal clima così dolce….
Pubblicato in Da qui e altri testi, Castelfiorentino,
 

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