Mi rifletto,
rimandando un bagliore
da una superficie in modo
regolare, secondo le leggi.
E mi rifrango,
nella direzione mutata
col passare da un corpo
trasparente all'altro.
Mi decompongo e mi disperdo,
compostamente, raggiando
attraverso un prisma di cristallo.
Nell'energia diurna, solare
o nella fase sua notturna, siderale;
nel sorgere e nel tramontare o
nello spazio d'un paradosso di OB,
dove gli universi si misurano
per intensità: la luce.
La luce
della mia anima fragile,
che, amorevole, colma e cura
le ferite con la merviglia della gioia
[Lumière qui guérit l'âme
et les blessures
avec la meraville de la joie.]
Osservando il suo gioco scintillante
nei gorghi impermanenti
che vorticano lo spazio
e le emanazione del tempo
intorno
assediando gli occhi
fino alla Vista.
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