Sono sempre alla ricerca di me stesso. Forse mi cerco anche negli altri.
Sono cerebrale, imprevedibile, difficile da vivere. Con me si rischia il corto circuito.
Oggi, che ho già percorso più di tre quarti di vita, ho iniziato a spogliarmi dalle maschere, ad ascoltare quella parte di me che non ha bisogno di platee, ma solo di una voce che parli la mia stessa lingua: diversa, muta.
Gli altri non capiscono? Me ne fotto.
Io sì, mi ci ritrovo. E se accade, vuol dire che è vero.
La mia è sempre stata una guerra interna.
Due condottieri mi abitano la testa: uno grida “andiamo a prendere a calci in culo il mondo”, l’altro fuma su un letto disfatto, sussurrando che è tutta una farsa, una gran puttanta.
E l’equilibrio? Forse non c’è mai stato.
Dicono che io abbia un ego da bestia affamata. Ma io non ho mai voluto arrivare primo.
Sono sempre stato dietro le barricate, a guardare i fantocci vestiti da lupi scannarsi tra loro.
Da lì, da dietro le quinte, si vede tutto.
Non sono mai stato in pace. Se lo fossi, sarei uno dei tanti che chiacchierano alla fermata del tram.
Io devo fermentare dentro. Ho bisogno di rumore di fondo: chiamatelo pensiero, memoria, rimpianto, visione.
Non mi sono mai accontentato dell’equilibrio mentale.
Io cerco la visione. Sempre.
G.L.
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