Vedo questi studenti e studentesse. I loro occhi sono colpi di speranza e in parte di paura.
Sono velati i loro occhi, mi fanno sentire come se dovessi dare loro una rassicurazione. Sono solidali-speranzosi quando ti guardano e ti chiedono se ti occore la presa di corrente. Sono solidali-speranzosi quando si accalcano alla prossima lezione di "Storytelling" o di "Movimenti ed autori del cinema".
Si muovono per diventare studiosi, teorici, critici cinematografici o chi, coscientemente, vuole approfondire una base teorica per poi gettarsi nel mondo del lavoro che la loro città, per nascita o adozione, sarà portavoce centrale di una realtà che si deflagrerà nel giro di breve tempo.
Oggi è forse scoccato in me un istinto protettivo attribuibile ad un fratello maggiore o un giovane padre. Vedo quegl'occhi velati e penso a cosa faranno, come faranno; chi tra loro cambierà percorso, chi tra loro ci proverà.
Non rimane che incontrarsi in quelle chiaroscurali e bluastre aule di fine pomeriggio, quando rieccheggia l'eco dell'ultima lezione del corso di cinema mentre gli studenti e le studentesse stanno lì come fuocherelli ardenti di desiderio e passione in quel bluastro desolante di fine giornata.
I nostri percorsi sono diversi, le nostre esperienze sono diverse ma sono seduto esattamente dove sono loro con lo stesso fuocherello e quel mal riposto istinto di protezione.
E mentre mi organizzo per il prossimo set, mentre penso ai setup delle macchine e capisco quale canone visivo devo curare, li vedo camminare e piano piano diradarsi in quei lunghi corridoio come la luce che cala presto di metà Novembre.
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